di JULIUS EVOLA.
Da “La Vita Italiana”, XXV, aprile 1937, ora in “Scritti sulla massoneria volgare speculativa”.
Edizioni Arŷa, Genova 2012.
Il nostro articolo sulla Società delle Nazioni quale superstato massonico, uscito sul numero di febbraio di Vita Italiana, ha provocato, da parte di qualcuno, delle osservazioni, cui vale far cenno, perché quel che nel riguardo si deve rispondere non può non interessare chi si occupa a fondo del problema massonico.
Per esaurire questo problema e per giustificare sotto ogni punto di vista l’attitudine antimassonica bisogna infatti affrontare alcune questioni, che di solito dagli avversari politici e militanti della massoneria vengono ignorate, o sorvolate.
È vero che per i compiti immediati dell’azione tali questioni non si impongono direttamente e che non vi è bisogno di indagare storicamente e dottrinalmente l’essenza della massoneria nella sua forma attuale per prendere posizione di fronte ad essa. Tuttavia nessuno vorrà negare, che una posizione nell’esser salda non solo praticamente, ma anche dottrinalmente, non abbia da guadagnare: soprattutto se si pone mente a coloro che sempre amano accusare il lato soltanto politico di certi atteggiamenti per poterli circoscrivere in un dominio contingente e irrazionale e per potersi dare a delle declamazioni in nome di una presunta, lesa idealità.
Proprio le osservazioni fatteci sono utili per andare in fondo in questo senso nel problema massonico. Sono osservazioni che hanno un tono di sorpresa e in pari tempo di rimprovero, tanto che potrebbero quasi sintetizzarsi in un: Tu quoque? “Che degli uomini di parte, dei nazionalisti ad oltranza e dei gesuiti si scaglino contro la massoneria”, ci scrive testualmente la persona in questione, “non fa meraviglia: sic sunt tempora. Meraviglia fa però che si schieri sulla stessa linea una persona che, come Lei, sempre pretende riferirsi a dei punti di vista superiori; che ha scritto cose egregie sull’ermetismo, sulle antiche tradizioni iniziatiche e il simbolismo; una persona, infine, le cui simpatie per la religione dominante non dovrebbero essere deliranti, se egli è sempre l’autore di un libro su di un imperialismo non propriamente cristiano e se egli è sempre il creatore di quella interpretazione del Medioevo, nella quale al ghibellinismo, ai Templari e ad ogni altra corrente analoga viene riconosciuto un alto valore”.
Dopo di che, il nostro corrispondente soggiunge: “Devo davvero ammettere che Lei ignori tutto ciò che la massoneria possiede e conserva in fatto di tradizioni e di simboli iniziatici, soprattutto quella di Rito Scozzese? Devo proprio credere che tante designazioni di gradi massonici, per esempio: Cavaliere Solare, Sublime Principe del Segreto Regale, Sovrano Principe dei Rosacroce, Dignitario del Sacro Romano Impero,(1) le siano sconosciute o non la portino ad evocare qualcuna delle idee spirituali e tradizionali a Lei tanto care? Nel caso di una persona che si stima, un esempio di opportunismo è sempre penoso. Così vorrà forse dirmi che cosa devo pensare quando Lei sposa in Vita Italiana i soliti luoghi comuni contro la congiura massonica e la massoneria creatura democratica, liberalistica, ebraica, ecc. ecc., saltando a pié pari tutto il resto”.
Abbiamo creduto opportuno riportare nella sua espressione testuale il rimprovero, improntato tanto di sincerità quanto di ingenuità, del nostro corrispondente. Al quale diremo subito questo: che noi vorremmo augurargli di conoscere così bene la realtà della massoneria, quanto, pur non essendo mai stati massoni, noi ne conosciamo le superstrutture simboliche e tutte le altre cose, a cui egli ha pensato di richiamare la nostra attenzione. Poiché, in tale caso, egli potrebbe rendersi perfettamente conto di come la nostra attitudine sia coerente e come il nostro atteggiamento politico non sia opportunismo, ma sia la conseguenza diretta di quel che noi teoricamente e dottrinalmente pensiamo e professiamo, fuori da ogni contingenza legata ai tempi.
Rivolgendoci ora al lettore in genere, dobbiamo pregarlo di seguirci in un ordine di considerazioni, che forse non gli riusciranno familiari, perché gli elementi in questione si riferiscono essenzialmente al lato sotterraneo, se così si può dire, della storia e perché forse per la prima volta egli sarà portato dinanzi agli ideali di una spiritualità, che non deve essere giudicata soltanto dal punto di vista della religione occidentale.
Ciò è necessario, perché andare in fondo in una questione, come quella ora sollevata, non si può senza rifarsi agli inizi. E gli inizi retrocedono di là dal mondo moderno e dalle idee a questo familiari.
Noi non vogliamo di certo affrontare il problema delle origini storiche della massoneria, problema complicatissimo già per il fatto che bisognerebbe cominciare col precisare che cosa si intende per massoneria: se l’associazione semisegreta e militante apparsa nei tempi moderni, ovvero gli antecedenti che questa organizzazione ha sicuramente avuti e che presentano già un diverso carattere.
Per i nostri scopi, dobbiamo fermarci anzitutto alla massoneria concepita nel primo dei due sensi: la quale si è assai verosimilmente organizzata (prima in Inghilterra e poi in Francia) tra la fine del XVII secolo e la prima metà del XVIII secolo, cioè in un periodo, che succede immediatamente a quello in cui un movimento che fece assai parlar di sé in Europa ed ebbe una natura assai enigmatica (il movimento dei Rosacroce) smise ogni sua manifestazione sensibile.(2) In questa sua forma e in tutte le sue espressioni pratiche la massoneria è stata in una intima connessione con l’illuminismo, l’enciclopedismo, il razionalismo e, in genere, con tutto quel fermento ideologico, che fu l’immediato antecedente della Rivoluzione francese. E che l’azione pratica e politica della massoneria nei tempi successivi e fino ad oggi sia restata strettamente fedele ad una tale ideologia, è cosa che nessuno può seriamente contestare, poiché vi sarebbe solo l’imbarazzo della scelta per addurre, in proposito, quante e più esplicite dichiarazioni si vogliano da parte degli esponenti più autorizzati e ufficiali della massoneria. Gli “immortali principi” restano essenzialmente il credo massonico. Questi principi vengono impugnati per una azione rivoluzionaria generale e per una lotta contro ogni principio centralizzato di autorità, sia politica, sia politico-spirituale (come la Chiesa). Nel nostro precedente e incriminato articolo noi del resto non abbiamo inventato nulla, abbiamo semplicemente sunteggiato il resoconto ufficiale di un congresso internazionale massonico, dal quale è già risultata chiara la persistenza dello stesso atteggiamento, con la tenace e militante difesa dei principi della democrazia, del libero pensiero, dell’antigerarchia. Ma nella massoneria esiste anche un ordinamento gerarchico interno ed esiste una tradizione simbolica e rituale che sembrerebbe in aperto contrasto con simili atteggiamenti e parrebbe imporre un riferimento a correnti o dottrine preesistenti alla forma attuale della massoneria e di un carattere spirituale incontestabile. A questo riguardo, il nostro critico ha ragione. Precisare nei termini di una storica esattezza tali correnti non è facile assunto; in generale, può solo dirsi che quanto si trova in questa parte extra-politica della massoneria rimanda in primo luogo ad elementi rosacrociani e forse anche templari, in secondo luogo ad elementi pagani ed ermetici (riferimenti agli antichi misteri egizi ed al simbolismo alchémico delle trasmutazioni), in terzo luogo ad elementi ebraici. Quest’ultima componente ebraica deriva però da dottrine metafisiche, come quelle della Qabbala e dello Zohar, e non ha a che fare con quel che più tardi sarà l’influenza ebraica militante nell’incontro dell’internazionale massonica con quella ebraica. Volendo, si potrebbe anche concedere che il carattere sincretistico di questo insieme riguarda solo le apparenze: infatti, per la loro stessa natura, gli insegnamenti di scuole del genere rimandano sempre ad una fondamentale unità di dottrina e di intenzione. Ma qui non è il caso di fermarci su questo punto. II problema fondamentale è piuttosto: esiste una relazione, ̵ e (nel caso positivo, quale relazione) ̵ fra questa dottrina e la tendenzialità politica e rivoluzionaria della massoneria moderna?
Vi è chi ha affrontato la questione, ma per darvi una soluzione che, a parer nostro, dimostra più prevenzione che non uno studio adeguato dell’argomento e una presa diretta di contatto con ciò di cui si tratta. Si viene cioè a parlare di una specie di tradizione perenne di natura più o meno luciferina e anticristiana serpeggiante attraverso tutta la storia: una tradizione di perenne rivolta, di perenne “ribellismo” — direbbe l’amico Cavallucci — (3) la quale avrebbe assunto ora una forma e ora un’altra, manifestandosi prima come eresia, come rivolta spirituale, come lavoro sotterraneo e maledetto di sette e scuole occulte, e poi come fermento rivoluzionario vero e proprio, come sovversivismo politico, come congiura internazionale contro ogni forma di autorità e di tradizionalità: donde la connessione con la massoneria attuale, con la sua azione disgregatrice e col suo feroce anticattolicesimo. Un tale inquadramento del problema, se a tutta prima attrae per la sua semplicità, poi non convince, per varie ragioni. Qui ne accenneremo solo due. Anzitutto, se si ammette che gli antecedenti della massoneria siano quelli ora indicati, ci troviamo condotti a tradizioni effettivamente anteriori al cristianesimo, che però non possono essere definite come anticristiane o anticattoliche, per quel che riguarda il loro contenuto proprio e positivo. In secondo luogo queste tradizioni ebbero sempre, nelle origini, un carattere aristocratico: l’iniziazione e i misteri furono originariamente un privilegio delle antiche caste regali e sacerdotali, in Egitto costituirono la base stessa della regalità solare, in India definivano l’essenza delle caste “ariane” dominatrici concepite come divine di contro a quelle “demoniache” delle genti soggette, e così via. E anche più tardi, se correnti ghibelline aventi delle controparti esoteriche lottarono contro l’autorità della Chiesa, non per questo esse ebbero per principio la negazione ribellistica di ogni autorità in genere, poiché p. es. l’autorità dell’imperatore di diritto divino, spesso considerato come un rappresentante della superiore religione regale e sacerdotale di Melkisedek, era da esse ammessa e venerata come la suprema; e fino ai Rosacroce, cioè fino al Settecento, aleggiò su tali correnti il mito di un Regnum e di un mistico Imperator Romanus. Non è dunque lecito raccogliere tutto ciò con un comune denominatore rivoluzionario e antigerarchico: la tradizione “luciferica” genitrice, per ultimo, della massoneria, non è, a tal riguardo, che fantasticheria.
E allora? Allora bisogna inclinare a credere che il rapporto fra gli antecedenti ora accennati, da cui la massoneria rituale trasse in prestito molte cose, e l’organizzazione massonica rivoluzionaria non sia di continuità, o comunque di filiazione, ma sia piuttosto il rapporto proprio ad un capovolgimento, ad una inversione pervertitrice e potremmo pur dire prevaricatrice. Cerchiamo di spiegarci. Bisogna partire da una premessa. Chi penetra con sguardo acuto la storia della civiltà, giunge alla constatazione della esistenza di una tradizione di spiritualità, che non può ricondursi a quella cristiana, che è preesistita a questa religione e che solo successivamente, per speciali circostanze, assunse talvolta colorito anticattolico. Noi ci siamo limitati a dire “non riconducibile”, cioè “diversa”, e ci guardiamo bene dall’affrontare, qui, il problema di un rapporto di superiorità o di inferiorità. Il principio di questa tradizione è che l’uomo può liberarsi da sé dal vincolo della natura mortale e da sé può innalzarsi alla illuminazione spirituale;(4) che a lui può essere riservata nel campo dello spirito la stessa dignità che ha un capo e un libero signore su questa terra; che esiste un Regnum invisibile del quale fanno parte tutti i portatori di tale spiritualità, quale che sia la nazione in cui sono nati e vivono; che a questo Regnum, e alle sue eventuali, più o meno perfette manifestazioni, va rivendicata la suprema autorità. Nella misura in cui la religione cristiana afferma prevalentemente la condizione della grazia e della redenzione; pone l’uomo, anche santo, in un rapporto di invalicabile subordinazione rispetto ad un Dio personale; afferma, come suprema, l’autorità della Chiesa, che è l’autorità del clero, non di uomini “divini”, ma di mediatori del divino; in questa misura vi è una differenza effettiva tra le due tradizioni, una differenza che in date circostanze può facilmente degenerare in un aspro antagonismo.
Ora, mentre il cattolicesimo restò nella storia più o meno quello che fu dopo il periodo della sua definitiva formulazione dogmatica e gerarchica, l’altra tradizione, almeno esteriormente e storicamente, finì col disperdersi in vari movimenti e sette, nei quali i significati e gli ideali ad essa propri dovevano venire completamente pervertiti e le sue dottrine, non più comprese, dovevano trasformarsi in pericolosi strumenti di forze veramente oscure, che li dovevano adoperare in modo distorto e, essenzialmente, non più per avversare la Chiesa in nome di un ideale diverso, ma altrettanto spirituale, bensì per avversarne lo stesso principio di autorità spirituale in nome di una rivolta dell’umano come mero individuo o laica comunità.
A tale riguardo, il discorso sarebbe lungo, e noi dobbiamo limitarci ad un fuggevole cenno. Rileveremo perciò che già con la Riforma ci troviamo dinanzi a una non diversa congiuntura. Laddove gli imperatori ghibellini lottavano contro la Chiesa perché volevano rivendicare alla funzione da essi incarnata una suprema, sovrannaturale dignità, nei Prìncipi tedeschi ad essi successi non rimase più, di tale attitudine, che il lato negativo e polemico, cioè l’“affetto antiromano”, che ora procedeva unicamerate dalla loro volontà di assicurarsi una autonomia e una libertà non più giustificate da nessun principio superiore. Per questo tali Prìncipi non esitarono a sostenere e a sposare l’eresia di Lutero. Del resto, una tale osservazione non è nemmeno estrinseca al nostro soggetto: è un fatto che, nella sua forma attuale, la massoneria stia, fra l’altro, in relazione con l’internazionale protestante di origine calvinista e puritana, e che da tale connessione essa tragga una delle componenti della sua attitudine anticattolica. Ad un grado involutivo più spinto non ci si periterà più di mettere mano a strumenti di natura ancora più bassa, ed è così che il libero pensiero, l’illuminismo, il razionalismo e l’intero bagaglio di miti della ideologia laica e “moderna” divengono i cavalli di battaglia per la lotta contro la Chiesa. A questo punto si manifesta quell’assunzione “inferiorizzante”, pervertitrice e quasi demoniaca di certi principi, cui si è accennato. Già l’equivoco proprio al termine “illuminismo” è molto significativo. Questo termine originariamente si riferiva esclusivamente all’illuminazione spirituale superazionale e alla dottrina ad essa relativa, professata da alcune scuole non aventi, originariamente, una vera finalità politica. Ecco che invece, in un periodo successivo, dopo l’interferenza degli “Illuminati di Baviera” con certe diramazioni della massoneria, il termine si fa sinonimo di razionalismo, cioè proprio dell’opposto, e il razionalismo, a sua volta, si fa l’organo di una critica corrosiva nei riguardi di ogni insegnamento spirituale, di ogni sapere di origine trascendente, di ogni fede.
Per l’individualismo, il liberalismo e la democrazia si ha esattamente la stessa cosa. Se nell’India aria e nell’antica Ellade il “libero” era essenzialmente lo “Svegliato”, l’uomo che ha superato la sua natura umana e mortale; se nell’ermetismo la “razza immortale e autonoma dei senza re” era la designazione di coloro che, secondo il mondo della tradizione, su cui si è già detto, avevano realizzato l’eterno; se fin nel Medioevo, come eco di significati originali altamente spirituali, “libero” era solo il nobile, “libero signore”, Freiherr, era l’antico patrizio e solo la più alta nobiltà poteva aspirare al principio dei “pari”, noi vediamo chiaro per quale autentica profanazione, per quale spostamento in un piano bassamente umano, laico e temporale tutto ciò trova la sua immagine deformata negli “immortali principi” del liberalismo e della democrazia e come questo pervertimento doveva essere il principio di ogni rivolta; come il diritto aristocratico si capovolgesse nell’usurpazione democratica fomentando la insofferenza degli individui e delle masse per ogni forma di autorità e di differenza. E, parallelamente a tutto questo, anche l’antico ideale supernazionale del Regnum doveva secolarizzarsi e pervertirsi, sboccando in quello dell’internazionale democratica e riproducendosi perfino nelle prospettive ultime dei piani di sovvertimento mondiale (…).
È in tal modo che si può giungere senz’altro alla forma attuale e militante della massoneria e ognuno può trarre, dall’insieme di queste nostre brevi considerazioni, quelle speciali deduzioni che più lo interessino. Proprio il fatto che la massoneria si trova ancora a possedere un retaggio tradizionale che, in se stesso, appartiene a tutto un altro livello, proprio per questo vi è motivo di supporre che essa sia uno dei “corpi” nei quali delle influenze assai più sotterranee, di quello che nella polemica politica si suppone, hanno agito in un modo sinistramente distruttivo, in un modo, diciamolo pure, demoniaco.
Ciò, naturalmente, nel caso che sia esistita una qualche continuità fra massoneria moderna e le antiche tradizioni iniziatiche o misteriche che dir si voglia; e che invece la massoneria non abbia preso più o meno abusivamente in prestito miti e simboli dalle fonti più disparate, senza una qualunque filiazione regolare e legittima.
Non è in nostro potere lumeggiare quest’ultimo punto: certo è, però, che se l’organizzazione massonica fin dall’inizio fosse stata retta da capi qualificati tradizionalmente (nel senso delle dottrine su indicate), mai essa avrebbe potuto finire là dove essa è finita, e non da oggi, ma già alla vigilia della stessa Rivoluzione francese. Per cui, sembra verosimile che, nel caso della massoneria, non si possa parlare di una caduta, che essa più o meno fu sempre quale più tardi sempre più esplicitamente divenne, e nessuna connessione abbia avuto con quei “superiori invisibili”, di cui tanto si parlava nelle logge,(5) per finire, anche a questo riguardo, in una ridicola contraffazione (le tradizioni vogliono che questi “superiori”, come gli ultimi Rosacroce, già da un secolo e mezzo avrebbero lasciata definitivamente l’Europa per ritirarsi in un centro simbolico, che è anche quello in cui, secondo altre leggende, si sarebbero ritirati gli ultimi cavalieri del Graal…).
Certo: l’“invisibile” giuoca nella massoneria, così come nella rivoluzione mondiale, una parte importante: ma è un “invisibile” da prendersi proprio nel senso “infero”, è quello, contro cui è dovere combattere senza quartiere in nome dello spirito, prima ancora che non in nome, anche, di una particolare fede politica, di una particolare confessione religiosa o di un particolare giuramento di partito.
NOTE
1) Si fa qui riferimento ai gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato: Cavaliere Solare o, meglio, “Principe Adepto Cavaliere del Sole” è il 28° (grado filosofico o nero), Sublime Principe del Segreto Regale o, meglio, “Maestro, Cavaliere e Principe del Real Segreto” è il 32° (grado amministrativo o bianco), Sovrano Principe dei Rosacroce è il 18° (ultimo del gradi capitolari o rossi). Non ci risulta invece, per quanto arrivino le nostre conoscenze, che esista in questo o in altri riti un grado chiamato “Dignitario del Sacro Romano Impero”… [n.d.c.].
2) Sul significato e la portata dei Rosacroce, cfr. R GUÉNON, Considerazioni sulla via iniziatica, Libri del Graal, Roma 2010 (rist. dell’ediz. del 1949), cap. XXXVIII: Rosa-Croce e Rosicruciani (pp. 316–324) e J. EVOLA, Il mistero del Graal, Mediterranee, Roma 1972 (III ed.), cap 28: Il Graal e i Rosacroce (pp. 178–186). Sarà poi utile un confronto con l’interessante Illuminismo dei RosaCroce, Einaudi, Torino 1976, di Frances A. Yates, specialmente al cap. XV: Il rosacrocianesimo e la massoneria (pp. 243–259). Scrive M. ANESI, Società nascoste alla luce del giorno, Compagnia Editoriale Pianeta, Torino 1973, p. 55: “…è ormai comunemente ammesso che non sia mai esistita una Confraternita o Società iniziatica della Rosa-Croce, ma piuttosto una letteratura rosacrociana, una corrente di pensiero tendente a fondere in un unico corpo le dottrine cabalistico-ermetiche con l’Alchimia”. Tale constatazione riduttiva, che ha un suo valore in quanto si considerino le manifestazioni “esterne” del movimento rosacrociano, va peraltro contemperata con l’affermazione guénoniana che i veri Rosa-Croce, in quanto tali, non costituirono mai una organizzazione con forme esteriori ben definite (R. GUÉNON, op. cìt., p. 316), dovendosi semmai parlare di una loro influenza sottile [n.d.c.].
3) Si tratta di Guido Cavallucci, nel dopoguerra direttore responsabile di “Monarchia”, rivista mensile dell’Unione Monarchica, uscita nel 1956 a grande tiratura, ma che non ebbe poi seguito: vi collaborò più volte lo stesso Evola [n.d.c.].
4) Per prevenire l’obbiezione di chi avesse una speciale competenza in proposito, diremo che il “da sé” qui va preso cum grano salis; tali tradizioni sempre ammisero la necessità di forze super-individuali, ma in un insieme che sempre si differisce dall’attitudine propria all’uomo religioso o al mistico.
5) Col nome di Superiores Incogniti si intendevano nel XVIII secolo i fantomatici maestri segreti che da una parte avrebbero garantito la continuità dell’Ordine Templare, dall’altra avrebbero diretto dall’alto la autentica libera muratoria. L’equivoco dei Superiores Incogniti ebbe grande importanza nel sistema della “Stretta Osservanza” del barone von Hund e del suoi precedenti, come quello dell’avventuriero de Martin-Robinson “la cui grande opera consisteva nel fare quattrini a spese dei gonzi” (FRANCOVICH, pp. 217–218; per von Hund. cfr. pp. 220–226). Da notare che ancora oggi la setta pseudo-iniziatica dei Martinisti, di discendenza massonica, ha tra i propri gradi quello di “Superiore Incognito” e di “Superiore Incognito lniziatore” (!). Sarà utile la consultazione di due articoli di R. GUÉNON comparsi ne “La France anti-maçonnique” del 1913: La stricte obser-vance et les Supérieurs Inconnus e A propos des Supérieurs inconnus et de l’astral, oggi riuniti in Guénon II, pp. 189–227 [n.d.c.].