E. KEYSERLING E LA SCUOLA DELLA SAPIENZA

di JULIUS EVOLA.

Estrat­to da “Il mon­do alla rove­scia”.
Edi­zio­ni Arŷa, Geno­va 2008.

Ciò por­ta al pro­ble­ma del tipo uma­no. Esso, secon­do il K., non è da chie­der­si né all’arte, né alla reli­gio­ne, né alla filo­so­fia. Gli arti­sti sono, tipi­ca­men­te, dei medium: quel­la gran­dez­za che par­la in o median­te loro non coin­ci­de qua­si mai con la loro per­so­na con­sa­pe­vo­le. In quan­to alla reli­gio­ne, essa va esclu­sa per­ché, in quan­to è tale, impor­ta un prin­ci­pio di dog­ma­ti­smo e di auto­ri­tà da una par­te, di dipen­den­za e di pas­si­vi­tà dall’altra, che è incom­pa­ti­bi­le col carat­te­re di auto­no­ma, indi­vi­dua­le autoaf­fer­ma­zio­ne che è sta­to con­nes­so al “sen­so”. Ancor meno ci si può rimet­te­re al filo­so­fo, il qua­le si tie­ne fit­to in un mon­do con­cet­tua­le stra­nie­ro alla real­tà e disgiun­to dal­la pro­fon­di­tà del pro­prio Io crea­to­re (A. 358). Vale inve­ce rife­rir­si all’antico con­cet­to di sapien­za, quan­do vi si inten­da una sin­te­si di vita e di scien­za in uni­tà indi­vi­dua­le di crea­to­re (A. 137–8). Quel che è essen­zia­le, è che l’Io non si fac­cia schia­vo di una astrat­ta cono­scen­za, ma la pro­du­ca inte­rior­men­te in real­tà viven­te; che egli non si soprav­vi­va in una idea­li­tà che un abis­so sepa­ra dal­la real­tà con­cre­ta, ben­sì si fac­cia den­tro al mon­do e alla sto­ria e in esso incar­ni com­piu­ta­men­te quan­to egli con­ce­pi­sce nel pia­no pro­fon­do “sen­so” (A. 131; B. 70–1). Onde il tipo del Sapien­te divie­ne altre­sì quel­lo del Signo­re: e ciò evi­den­te­men­te non in rela­zio­ne ad un cer­to bru­to pote­re, ben­sì al prin­ci­pio che, inte­rior­men­te supe­rio­re alla tota­li­tà del­la vita, la coman­da e pla­sma dall’alto del­la poten­za di liber­tà (A. 364).

Qui si può dare un cen­no sul­lo svi­lup­po che il K. dà a que­sti prin­ci­pî in ordi­ne al pro­ble­ma del­lo spi­ri­to moder­no e del­la poten­za. Si è det­to che il feno­me­no spi­ri­tua­le ori­gi­na­rio per il K. è una uni­tà, di cui sen­so ed espres­sio­ne sono momen­ti inse­pa­ra­bi­li (A. 69). Tale uni­tà ammet­te tut­ta­via del­le dif­fe­ren­zia­zio­ni a secon­da del pun­to ove si fa cade­re l’accento dell’Io. Nel­la Sto­ria l’Oriente rap­pre­sen­tò la vita imme­dia­ta ed uni­la­te­ra­le nel­la sfe­ra del signi­fi­ca­to: nell’Orientale, immer­so e qua­si con­fu­so in una spi­ri­tua­li­tà non anco­ra for­ma­ta, l’immediata pie­nez­za del­la vita inte­rio­re non conob­be l’affermazione ogget­ti­va, ma solo il tra­boc­ca­re nel sim­bo­lo (Sinn­bild) e nell’espressione liri­ca (A. 73). All’Oriente si con­trap­po­se anti­te­ti­ca­men­te lo spi­ri­to scien­ti­fi­co euro­peo, per il qua­le l’accento ven­ne inve­ce spo­sta­to sull’oggettivo, di cui, con le disci­pli­ne posi­ti­ve, si andò a pren­de­re la più deter­mi­na­ta cono­scen­za, men­tre la vita nel signi­fi­ca­to andò oscu­ra­ta. Lun­go una tale dire­zio­ne nac­que l’assurdo di inten­de­re come qual­co­sa di esi­sten­te in sé e per sé ciò che inve­ce non è che un mez­zo: l’oggettivo e le leg­gi a que­sto rela­ti­ve furo­no assun­te indi­pen­den­te­men­te dal­la rela­zio­ne con lo spi­ri­tua­le, non come un mez­zo di espres­sio­ne e uno stru­men­to subor­di­na­to al sen­so e alla liber­tà, ben­sì come qual­co­sa che ha in sé il pro­prio prin­ci­pio. Onde l’uomo per­se il sen­so di sé come cen­tra­li­tà, come poten­za crea­tri­ce, e diven­ne fon­da­men­tal­men­te irrea­le. Al pote­re este­rio­re, crea­to dal­lo stu­dio dell’oggettivo, si con­giun­se allo­ra una inter­na impo­ten­za. Con­si­de­ran­do il mon­do come un libro già scrit­to, che occor­re solo leg­ge­re (atteg­gia­men­to, que­sto, che esso stes­so è com­pren­si­bi­le solo se lo si rimet­te ad un ori­gi­na­rio atto di liber­tà, A. 96), l’uomo moder­no ha reso una astra­zio­ne il regno del­la liber­tà, ha dato esi­sten­za ad una neces­si­tà natu­ra­le auto­no­ma, da cui la vita appa­re ine­so­ra­bil­men­te domi­na­ta – qua­si sta risu­sci­tan­do, nel­le leg­gi mec­ca­ni­che e aspi­ri­tua­li che egli sfrut­ta ma che non pos­sie­de e da cui si fa dipen­den­te, l’antico fato, la Moi­ra dei Gre­ci (A. 96–7, 177–181; B. 52). Que­sta irreal­tà del­lo spi­ri­to moder­no ha, per il K., una espres­sio­ne carat­te­ri­sti­ca nel­la fun­zio­ne secon­do cui in Occi­den­te vie­ne vis­su­to il pen­sie­ro: il pen­sie­ro appa­re non più come una poten­za spi­ri­tua­le di crea­zio­ne, ben­sì come un mez­zo per la cono­scen­za del­la real­tà, inte­sa come qual­co­sa di “altro”; e quin­di rea­le non in sé, ma per acci­den­te, nel rife­ri­men­to all’oggetto. La stes­sa iden­ti­tà di pen­sie­ro e di esse­re – posta dal­la filo­so­fia tra­scen­den­ta­le – per il K. non signi­fi­ca che la più pro­fon­da real­tà è l’energia spi­ri­tua­le imma­nen­te all’individuo, ben­sì che i con­cet­ti trat­ti dal­la real­tà ester­na espri­mo­no ade­gua­ta­men­te l’essenza di que­sta (A. 10–11). Da que­sta Selb­stent­fre­m­dung del pen­sie­ro alla pro­pria ori­gi­na­ria digni­tà – da sé come poten­za di “sen­so” – pro­ce­de la deca­den­za del com­pren­de­re in sape­re, del­la sapien­za in discor­si­vi­tà, del­la per­sua­sio­ne in reto­ri­ca, del­la rea­liz­za­zio­ne in pro­gram­ma. L’uomo, quan­to a vita inter­na, è oggi infor­me e incon­si­sten­te, è una ombra, un medium che si agi­ta fra idea­li e pro­gram­mi, che sono impo­ten­ti a susci­ta­re for­ze crea­ti­ve onde si ingra­ni­no nel rea­le e lo plasmino.

Ora il K., con la sua “Scuo­la del­la Sapien­za”, vor­reb­be rea­liz­za­re una sin­te­si di Orien­te e di Occi­den­te, di signi­fi­ca­to e di espres­sio­ne, di liber­tà e di ogget­ti­vi­tà. Si trat­te­reb­be di riaf­fer­ma­re sull’intero siste­ma di real­tà, di cui l’Occidente come tale ha pre­so cogni­zio­ne ogget­ti­va, quel­la inte­rio­ri­tà, quel­la vita nel­la fun­zio­ne incon­di­zio­na­ta del “sen­so” pro­pria all’Oriente (A. 73). Secon­do i suoi prin­ci­pî come l’albero tan­to più si ele­va, per quan­to più pro­fon­da­men­te scen­do­no le sue radi­ci, così il sen­so tan­to più per­fet­ta­men­te pos­sie­de sé per quan­to più vasta e com­ples­sa è la mate­ria ogget­ti­va di cui si fa l’interiorazione (A. 188); una tale mate­ria è sta­ta appun­to pro­dot­ta dal­lo spi­ri­to scien­ti­fi­co euro­peo: si riaf­fer­mi su di essa la spi­ri­tua­li­tà, incor­po­rea­men­te viven­te nell’Orientale, la domi­ni l’individuale resti­tui­to­si al cen­tro così come il prin­ci­pio orga­ni­co o ente­le­chia domi­na l’insieme del cor­po e lo scrit­to­re le leg­gi del­la sin­tas­si, allo­ra lo spi­ri­to si frui­rà in una sin­te­si che mai anco­ra era sta­ta pos­si­bi­le e che il con­cet­to di “Sapien­za”, qua­le è sta­to sopra accen­na­to, può defi­ni­re (A. 73, 396; B. 108).