SACRUM IMPERIUM

di JULIUS EVOLA.

estrat­to da “Il mon­do alla rove­scia”.
Edi­zio­ni Arŷa, Geno­va 2008. 

Su ciò, vale la pena fare un cen­no. Deve valer­ci come pre­mes­sa l’esistenza di due atti­tu­di­ni fon­da­men­ta­li di fron­te allo spi­ri­to: guer­rie­ro-rega­le l’una, reli­gio­so-sacer­do­ta­le l’altra. L’una costi­tui­sce il polo viri­le, l’altra il polo fem­mi­ni­le del­lo spi­ri­to. L’una ha il sim­bo­lo “sola­re”, cor­ri­spon­de all’ideale di una spi­ri­tua­li­tà che è anche for­za, vit­to­ria, poten­za ordi­na­tri­ce per le varie atti­vi­tà e i varii esse­ri in un orga­ni­smo simul­ta­nea­men­te tem­po­ra­le e super­tem­po­ra­le (Sacrum Impe­rium), con deci­sa affer­ma­zio­ne di tut­to ciò che è dif­fe­ren­za e gerar­chia. L’altra atti­tu­di­ne ha inve­ce il sim­bo­lo “luna­re” del rice­ve­re da altro la luce e l’autorità – ha in pro­prio un dua­li­smo limi­ta­to­re, la scis­sio­ne fra spi­ri­to e poten­za, la dif­fi­den­za e il disprez­zo per ogni for­ma di affer­ma­zio­ne supe­rio­re del­la per­so­na­li­tà libe­ra e viri­le, il pathos dell’uguaglianza, del “timor di Dio”, del­la “col­pa” e del­la “reden­zio­ne”.

Ciò che la sto­ria ci ha mostra­to come con­flit­to fra auto­ri­tà reli­gio­sa e pote­re “tem­po­ra­le”, non è che una for­ma tar­da e già mate­ria­liz­za­ta del con­flit­to fra appa­ri­zio­ni varie di que­ste due atti­tu­di­ni in ori­gi­ne pari­men­ti spi­ri­tua­li. Del resto, la stes­sa atti­tu­di­ne “reli­gio­sa”, lun­gi dall’equivalere senz’altro a spi­ri­to e ad esau­ri­re il con­cet­to del­la spi­ri­tua­li­tà in gene­re, non è che il pro­dot­to rela­ti­va­men­te recen­te di un pro­ces­so dege­ne­ra­ti­vo inter­ve­nu­to in tra­di­zio­ni spi­ri­tua­li più anti­che di tipo “sola­re”. Se infat­ti esa­mi­nia­mo la costi­tu­zio­ne del­le più gran­di civil­tà tra­di­zio­na­li, noi sem­pre tro­via­mo l’idea di una uni­tà asso­lu­ta dei due pote­ri – di rega­li­tà e di spi­ri­tua­li­tà. Al som­mo del­la gerar­chia non tro­via­mo una “chie­sa”, ma una “rega­li­tà divi­na”; non l’ideale del “San­to”, ma il tipo di colui che per la sua stes­sa supe­rio­ri­tà mani­fe­sta per­fi­no di fron­te alle for­ze invi­si­bi­li lo stes­so ruo­lo viri­le e domi­na­to­re che un capo ha di fron­te agli uomini.

È un pro­ces­so di devi­ri­liz­za­zio­ne spi­ri­tua­le che da tale livel­lo ha con­dot­to alle for­me “reli­gio­se”, le qua­li, ren­den­do sem­pre più gran­de la distan­za fra l’uomo e il dio e il ser­vi­li­smo del pri­mo rispet­to al secon­do a bene­fi­cio del­la casta sacer­do­ta­le, ha fini­to con lo spez­za­re l’unità tra­di­zio­na­le suac­cen­na­ta e ha dato luo­go all’antitesi fra una spi­ri­tua­li­tà anti­vi­ri­le (cle­ro) e una viri­li­tà mate­ria­le (seco­la­riz­za­zio­ne dell’idea del Regnum, Sta­to lai­co). Se ai cep­pi aria­ni si deb­bo­no soprat­tut­to le for­me lumi­no­se del­le anti­che civil­tà “sola­ri”, in Occi­den­te è soprat­tut­to all’elemento semi­ti­co che si deve il trion­fo del­lo spi­ri­to “reli­gio­so”, fino alla asia­tiz­za­zio­ne del mon­do gre­co-roma­no, sino alla cadu­ta dell’idea impe­ria­le augu­stea, sino all’avvento del cristianesimo.

Ora, il segre­to del­la civil­tà medie­va­le è que­sto: un ten­ta­ti­vo, tal­vol­ta pale­se, tal­vol­ta occul­to, ora con­sa­pe­vo­le e ora istin­ti­vo di rico­strui­re, appun­to attra­ver­so l’ideale del Sacrum Impe­rium, l’unità pri­mor­dia­le dei due pote­ri, por­tan­do il con­cet­to di spi­ri­tua­li­tà ad una for­ma supe­rio­re rispet­to a quel­la sem­pli­ce­men­te “reli­gio­sa” pro­pria alla chie­sa. È l’antica idea nor­di­co-aria­na del­la “rega­li­tà divi­na” che, al con­tat­to col sim­bo­lo roma­no, pren­de nuo­va vita, si fa uni­ver­sa­le, si pone al cen­tro di una civil­tà di tipo eroi­co, for­te­men­te arti­co­la­ta, riven­di­can­do per sé un carat­te­re così sacra­le e ecu­me­ni­co, quan­to quel­lo che la stes­sa chie­sa affer­ma­va per sé. Ma sic­co­me due soli in uno stes­so siste­ma pla­ne­ta­rio non pos­so­no esi­ste­re, e pro­prio quel­la dei due Soli fu l’immagine usa­ta dal Medioe­vo ad indi­ca­re la dua­li­tà Chie­sa-Impe­ro, così il con­flit­to non pote­va non scoppiare.