PERSISTENZA DELLA TRADIZIONE RELIGIOSA PREROMANA NELLA ROMANIZZAZIONE DELLE ALPI OCCIDENTALI

di ALICE FRESCHI

estrat­to da “I Ligu­ri — etno­ge­ne­si di un popo­lo” di Rena­to Del Pon­te
2019
Edi­zio­ni Arŷa Genova 

[…] Nel­la zona alpi­na si rile­va una estre­ma pover­tà di rap­pre­sen­ta­zio­ni figu­ra­te e la mag­gior par­te del­le testi­mo­nian­za sul­la reli­gio­ne ligu­re è costi­tui­ta dal­le iscri­zio­ni voti­ve di età roma­na, per­ché solo l’arrivo del­la scrit­tu­ra tra que­ste gen­ti, che tra­man­da­va­no oral­men­te la loro cul­tu­ra, die­de vita a una plu­ra­li­tà di cul­ti e li fis­sò in defi­ni­zio­ni scritte.

La fase reli­gio­sa che si può indi­vi­dua­re attra­ver­so le epi­gra­fi si può con­si­de­ra­re sto­ri­ca e non è pos­si­bi­le dedur­re, se non in modo indi­ret­to ed estre­ma­men­te fram­men­ta­rio, la situa­zio­ne pre­ce­den­te alla con­qui­sta roma­na, per­ché i cul­ti quan­do si este­rio­riz­za­ro­no dal­l’a­ni­ma di que­ste gen­ti era­no già il risul­ta­to di vari sta­di di evo­lu­zio­ne. Gli dèi pri­mi­ti­vi, nel­la pri­ma fase del­la loro esi­sten­za, era­no il divi­no imma­nen­te alle cose e agli esse­ri, espri­men­te la for­za sacra sopran­na­tu­ra­le, e per­ché stes­so sen­za vol­to. Con l’ar­ri­vo del­la reli­gio­ne roma­na essi si antro­po­mor­fiz­za­ro­no, tra­sfor­man­do così una con­ce­zio­ne del­la divi­ni­tà che si era pro­trat­ta nei seco­li sen­za subi­re l’in­flus­so antro­po­mor­fi­co medi­ter­ra­neo, atte­sta­to fin dal II mil­len­nio pres­so i popo­li pre­el­le­ni­ci e a Creta.

Del­le divi­ni­tà ses­so è rima­sto solo il nome e non sap­pia­mo in gene­re qua­li attri­bu­ti esse aves­se­ro né cosa rap­pre­sen­tas­se­ro per i loro ado­ra­to­ri, anche per la man­can­za appun­to di raf­fi­gu­ra­zio­ni. La per­so­na­li­tà del numen indi­ge­no è infat­ti poli­va­len­te e nep­pu­re l’as­so­cia­zio­ne ad una divi­ni­tà gre­co-roma­na con­tri­bui­sce spes­so a defi­nir­la meglio.

Mol­ti “geni” loca­li non subi­ro­no influs­si per effet­to del­la roma­niz­za­zio­ne se non nel­la tra­scri­zio­ne in for­ma lati­na del nome, del­le dedi­che e nell’occasionale asso­cia­zio­ne ad un dio roma­no, il che non rap­pre­sen­ta una vera fusio­ne, ma una sem­pli­ce unio­ne for­ma­le, tan­to che il dio roma­no è accom­pa­gna­to da appel­la­ti­vi diver­si rife­ren­ti­si ai numi­na indi­ge­ni, men­tre altri dèi entra­ti nel­la cul­tu­ra reli­gio­sa roma­na die­de­ro ori­gi­ne alle divi­ni­tà det­te “gal­lo-roma­ne”, in cui l’e­le­men­to roma­no e cel­to-ligu­re sono tal­men­te fusi che è spes­so dif­fi­ci­le indi­vi­duar­li sepa­ra­ta­men­te nel loro nuo­vo aspetto.

Come abbia­mo det­to, il nome del dio roma­no era spes­so accom­pa­gna­to da uno o più epi­te­ti i qua­li, seb­be­ne non sem­pre di chia­ro signi­fi­ca­to, si pos­so­no clas­si­fi­ca­re come “misti­ci” o “topi­ci”, rife­ren­ti­si a vir­tù o qua­li­tà, oppu­re atte­sta­ti in un’area di dif­fu­sio­ne loca­liz­za­ta. Al pri­mo grup­po appar­ten­go­no epi­te­ti qua­li Ollou­dius (il poten­te), Sego­mo (il dio for­te), Rudia­nus (il dio ros­so), Viro­tu­tis (il dio pro­tet­to­re), men­tre nel secon­do rien­tra­no ad esem­pio Poe­ni­nus, Alba­ri­nus, Bude­ni­cus, Ceme­ne­lus. La cono­scen­za degli epi­te­ti, del loro signi­fi­ca­to, del­la loro dif­fu­sio­ne, dei lega­mi con la topo­no­ma­sti­ca e quin­di con la lin­gua di cui sono resi­dui, per­met­te­reb­be di amplia­re vera­men­te le cono­scen­ze in que­sto cam­po e giun­ge­re così a rico­no­sce­re del­le teo­go­nie mol­to anti­che basa­te soprat­tut­to sui cul­ti di mag­gio­re dif­fu­sio­ne, qua­le ad esem­pio quel­lo del­le acque, testi­mo­nia­to dal­le dedi­che ma anche dal­la topo­no­ma­sti­ca. Que­ste spe­cie di teo­go­nie pri­mi­ti­ve che rag­grup­pa­no del­le divi­ni­tà-tipo, come Bele­nus o Bor­mo-Bor­ma­nus di ori­gi­ne pro­ba­bil­men­te ligu­re, han­no un’area di dif­fu­sio­ne piut­to­sto vasta e con­tra­sta­no con tut­te le altre pic­co­le divi­ni­tà che si ritro­va­no atte­sta­te in una sola loca­li­tà o regio­ne. Anche gli dèi con cul­to limi­ta­to si pos­so­no con­si­de­ra­re for­se come resi­dui di anti­che teo­go­nie, per­ché si trat­ta in gene­re di divi­ni­tà topi­che, lega­te cioè a for­ze o par­ti­co­la­ri­tà natu­ra­li che, ispi­ran­do timo­re o stu­po­re negli uomi­ni, rice­ve­va­no da que­sti un cul­to pro­pi­zia­to­rio. Tra que­ste ulti­me si pos­so­no a buon dirit­to col­lo­ca­re anche le divi­ni­tà epo­ni­me di cit­tà o tri­bù, qua­li Allo­brox per gli Allo­bro­ges, Nemau­sus per Nîmes, Vin­tius per Ven­ce, Ceme­ne­lus per Cimiez, le qua­li pro­prio per que­sta loro qua­li­fi­ca rice­vet­te­ro un cul­to geo­gra­fi­ca­men­te limitato.

Attra­ver­so le testi­mo­nian­ze epi­gra­fi­che ed archeo­lo­gi­che ci sono per­ve­nu­ti dei dati sull’esistenza di “san­tua­ri”, dedi­ca­ti agli dèi, ante­rio­ri alla con­qui­sta roma­na e cor­ri­spon­den­ti all’in­cir­ca al delu­brum o fanum lati­no e al neme­ton cel­ti­co. Il san­tua­rio è lo spa­zio che appar­tie­ne al dio e che, rico­no­sciu­to dai fede­li, può anche non esse­re muni­to di un recin­to in mura­tu­ra. La loca­liz­za­zio­ne non è per­tan­to fis­sa ed essi si tro­va­no nei mol­te­pli­ci luo­ghi in cui agli dèi con nome roma­no si con­ti­nua­no a tri­bu­ta­re gli ono­ri dei numi­na pri­mi­ti­vi. Tra quel­li loca­liz­za­ti con sicu­rez­za abbia­mo Nîmes, Gla­num (St. Rhé­my-de-Pro­ven­ce), il mons Saleu­cus (La-Bâtie-Mont-Saléon), il mons Matro­na (Mon­gi­ne­vro) e Poe­ni­nus (Gran S. Bernando).

Nell’esporre le varie com­po­nen­ti del mon­do cul­tu­ra­le e reli­gio­so dei Ligu­ri non si può pro­ce­de­re con ordi­ne per­ché l’in­ter­pre­ta­zio­ne può basar­si solo sul­le fon­ti di età gre­ca e roma­na. Si può dire in gene­ra­le che si trat­ta i una reli­gio­ne arcai­ca, ma in cui, per quan­to carat­te­riz­za­ta dal par­ti­co­la­ri­smo e dal­la gran­de disper­sio­ne del­le divi­ni­tà, si pos­so­no in un cer­to modo sta­bi­li­re del­le cate­go­rie com­pren­den­ti divi­ni­tà di mag­gio­re o minor dif­fu­sio­ne, lega­te a qual­che par­ti­co­la­ri­tà del­la natu­ra o con­si­de­ra­te come pro­tet­tri­ci del­le atti­vi­tà umane.

DIVINITÀ DELLE MONTAGNE

Nel cul­to rivol­to alle som­mi­tà mon­tuo­se è inna­to un sen­so spon­ta­neo di timo­re e di rive­ren­za e in esso si può rico­no­sce­re, per quan­to un poco arbi­tra­ria­men­te, una pri­ma fase sem­pli­ce e pri­mi­ti­va lega­ta ai soli feno­me­ni atmo­sfe­ri­ci, tra­sfor­ma­ta­si poi in cul­to di divi­ni­tà o numi­na iden­ti­fi­ca­ti con le mon­ta­gne stesse.

I Roma­ni, che pri­ma del­la con­qui­sta cono­sce­va­no le Alpi e i loro abi­tan­ti solo dai rac­con­ti dei com­mer­cian­ti o dei sol­da­ti, quan­do comin­cia­ro­no a per­cor­re­re con mag­gior fre­quen­za i pae­si alpi­ni ven­ne­ro in con­tat­to con le cre­den­ze reli­gio­se loca­li e ado­ra­ro­no le anti­che divi­ni­tà dei mon­ti, assi­mi­la­te ai loro dèi, a sco­po di pro­pi­zia­zio­ne o di rin­gra­zia­men­to per la buo­na riu­sci­ta del viaggio.

Se per il mons Matro­na è pos­si­bi­le, gra­zie al nome stes­so, for­mu­la­re l’ipotesi che in epo­ca pre­ro­ma­na era­no qui ado­ra­te le Matro­nae, per gli altri pas­si o rilie­vi non è pos­si­bi­le ritro­va­re il nome del­la divi­ni­tà pro­tet­tri­ce per man­can­za di testi­mo­nian­ze epi­gra­fi­che. Un indi­ce dell’esistenza di cul­ti pre­ro­ma­ni può esse­re for­ni­to dal­lo stu­dio sul­la loca­liz­za­zio­ne degli ospi­zi, sor­ti in loca­li­tà per tra­di­zio­ne luo­go di culto.

Tra le nume­ro­se divi­ni­tà che si ricol­le­ga­no al cul­to del­le mon­ta­gne si pos­so­no col­lo­ca­re con cer­tez­za il cel­to-ligu­re Albio­rix, ado­ra­to in Pro­ven­za e sul Mon­gi­ne­vro, Poe­ni­nus al Gran San Ber­nar­do assi­mi­la­to a Gio­ve, Bagi­nus e le Bagi­na­tiae nel­la Drô­me e nell’Isère, Ber­go­nia a Apt (Vau­clu­se), Vin­tur a Apt e nel­la Drô­me, Alam­bri­na nel­le Hautes-Alpes.

DIVINITÀ DELLE ACQUE E DEL SOLE

Le fon­ti, le sor­gen­ti e le acque ter­ma­li godet­te­ro nell’antichità di gran­de con­si­de­ra­zio­ne e furo­no ado­ra­te, insie­me con i geni del­le acque, bene­fat­to­ri e gua­ri­to­ri, per la loro fun­zio­ne salu­ta­re e purificatrice.

Già nel­la pre­i­sto­ria il sole che dava luce e calo­re e le acque veni­va­no ado­ra­ti: poi, come avven­ne per gli altri cul­ti pri­mi­ti­vi, nume­ro­si numi assun­se­ro anche un nome e una for­ma este­rio­re antro­po­mor­fi­ca, di influs­so greco-romano.

Bele­nus ado­ra­to nel­la regio­ne Roda­no-Alpi e nel­la Car­nia, e Bormo/Borvo/Bormanus, anch’es­so ad ampio rag­gio di dif­fu­sio­ne, sono cer­ta­men­te divi­ni­tà del­le acqua appar­te­nen­ti alla più anti­ca base reli­gio­sa del­la Gal­lia. Del­lo stes­so tipo pos­sia­mo sup­por­ta­re che sia­no: Dor­mi­nus et Sue­ta atte­sta­ti ad Acqui, le dee Uroi­cae e Alde­me­hen­ses alle foci del Roda­no, Man­tou­nos in Savoia.

La dif­fu­sio­ne del cul­to del­le acque u note­vo­le e la topo­no­ma­sti­ca, che affian­ca o sup­pli­sce per la par­te lin­gui­sti­ca le fon­ti epi­gra­fi­che, per­met­te di rile­va­re l’e­sten­sio­ne del­le aree di cul­to attra­ver­so i topo­ni­mi che atte­sta­no l’e­si­sten­za di cul­ti e divi­ni­tà le qua­li, essen­do la per­so­ni­fi­ca­zio­ne di fon­ti o cor­si d’ac­qua, lascia­ro­no il loro nome a vil­lag­gi e città.

DIVINITÀ TUTELARI

Tra i cul­ti alle divi­ni­tà pro­tet­tri­ci del­la vita e del­le atti­vi­tà uma­ne si pos­so­no distin­gue­re quel­li mol­to anti­chi, for­ma­ti­si con­tem­po­ra­nea­men­te al sor­ge­re del­le pri­me con­ce­zio­ni reli­gio­se negli uomi­ni pri­mi­ti­vi, e quel­li che si pos­so­no asse­gna­re, nei vari sta­di del­la reli­gio­ne, ad un perio­do più recen­te, quan­do i Ligu­res era­no già rac­col­ti in aggre­ga­zio­ni social­men­te meglio definite.

Nel pri­mo grup­po si col­lo­ca­no le Matres o Matro­nae, ado­ra­te per­ché por­ta­va­no agli uomi­ni l’ab­bon­dan­za dei beni fisi­ci e la pro­spe­ri­tà alle fami­glie che vive­va­no anco­ra dei pro­dot­ti del suo­lo e veni­va­no invo­ca­te, dal­le gen­ti lon­ta­ne, come la per­so­ni­fi­ca­zio­ne del­la patria. Tale cul­to risa­le ad ambien­te medi­ter­ra­neo, come cul­to del­la gran­de madre ter­ra, e lo ritro­via­mo con varie qua­li­fi­ca­zio­ni e per­so­ni­fi­ca­zio­ni in tut­ta l’a­rea alpi­na occidentale.

Gli dèi epo­ni­mi e pro­tet­to­ri di tri­bù e cit­tà risal­go­no inve­ce ad una fase sto­ri­co-cul­tu­ra­le più tar­da e sono testi­mo­nia­ti con una cer­ta fre­quen­za. Tra que­sti: Alau­nius, Allo­brox, Andar­ta, Ara­mo, ecc.

Anche il com­mer­cio e la guer­ra ave­va­no i loro tute­la­ri, ma l’e­le­men­to guer­rie­ro rima­se in un cer­to sen­so secon­da­rio per­ché, anche se nume­ro­si numi­na furo­no assi­mi­la­ti a divi­ni­tà roma­ne come Mars, ebbe sem­pre il soprav­ven­to il carat­te­re di pro­tet­to­re. Anche Mer­cu­rius, dio dei com­mer­ci, fu mol­to popo­la­re in ter­ri­to­rio cel­to-ligu­re per­ché era la per­so­ni­fi­ca­zio­ne del numen indi­ge­no, sapien­te e bene­fat­to­re pri­ma che pro­tet­to­re del com­mer­cio. Tra gli epi­te­ti di Mar­te si può ricor­da­re: Albio­rix, Bri­tus, Ceme­ne­lus, Sego­mo, Leu­ci­ma­la­cus, Rudia­nus, Vin­tius, ecc.; tra quel­li di Mer­cu­rio: Alau­nus, Fini­ti­mus, Magnia­cus-Vel­lau­nius, ecc.

CULTI TOPICI

Si trat­ta di cul­ti dedi­ca­ti a divi­ni­tà, cono­sciu­te per mes­so di sem­pli­ce dedi­che pri­ve di ogni altra indi­ca­zio­ne, il cui nome è in rap­por­to con par­ti­co­la­ri­tà fisi­che e natu­ra­li e che pro­prio per tale moti­vo rima­se­ro in un cer­to sen­so con­fi­na­te nel­la loca­li­tà di ori­gi­ne. Gli stu­di di lin­gui­sti­ca topo­no­ma­sti­ca per­met­to­no tal­vol­ta di spie­ga­re il signi­fi­ca­to di un nome o di com­pren­de­re una qua­li­tà o vir­tù ad essi attri­bui­ta, come Cathu­bo­dua la dea del­la lot­ta, ma per la mag­gior par­te è impos­si­bi­le al momen­to dire di più del nome che ci è sta­to tra­man­da­to in epo­ca romana.

Per citar­ne qual­cu­no si può ricor­da­re: Albi­nius, Aethu­co­lis, Car­pan­tus, Cen­ton­dis, Ruba­ca­scus e Robeo, Trit­tia, ecc.

Le iscri­zio­ni voti­ve fino­ra ritro­va­te sono varia­men­te ripar­ti­te nel­l’a­rea alpi­na e i risul­ta­ti a cui si è giun­ti non sono defi­ni­ti­vi, per­ché ulte­rio­ri ritro­va­men­ti, in gene­re sem­pre spo­ra­di­ci e occa­sio­na­li, pos­so­no appor­ta­re un amplia­men­to del­le cono­scen­ze. La soprav­vi­ven­za dei cul­ti, dal­l’e­po­ca in cui appa­io­no testi­mo­nia­ti fino ai nostri gior­ni, è affi­da­ta infat­ti pro­prio ai reper­ti epi­gra­fi­ci, la cui esi­sten­za è lega­ta alla pene­tra­zio­ne del­la lin­gua lati­na. Par­ti­co­lar­men­te ric­che di iscri­zio­ni appa­io­no le zone tra il Roda­no e la Duran­ce e il lito­ra­le tra Niz­za e le foci del Roda­no, zone che, più aper­te ad ogni movi­men­to di popo­li, sem­bre­reb­be­ro a pri­ma vista meno adat­te a tra­man­da­re cul­ti pre­ro­ma­ni e cel­ti­ci. Que­sti cul­ti dimo­stra­no inve­ce di ave­re avu­to una note­vo­le vita­li­tà che nep­pu­re Roma ave­va sapu­to sof­fo­ca­re o annul­la­re, cosic­ché essi furo­no pra­ti­ca­ti sem­pre mol­to inten­sa­men­te e con la stes­sa devo­zio­ne nei cen­tri urba­ni e più anco­ra nel­le cam­pa­gne. Essi infat­ti soprav­vis­se­ro, più o meno rico­no­sci­bi­li, nel­le cre­den­ze magi­co-reli­gio­se del­le cam­pa­gne e il loro ricor­do per­du­rò nei rac­con­ti leg­gen­da­ri del Medioe­vo, popo­la­ti di spi­ri­ti e demoni.