LA MONTAGNA COME FORMATRICE DI CARATTERI E “CUORE DEL MONDO”

di RENATO DEL PONTE

estrat­to da “Arthos” (pagi­ne di testi­mo­nian­za tra­di­zio­na­le)
n° 28 del 2020
Arŷa Genova 


Gran­de sele­zio­na­tri­ce, la Mon­ta­gna: quan­ti gio­va­ni ho visto ridi­scen­de­re per sem­pre le sue fal­de, per mai più tor­na­re, inghiot­ti­ti dal vor­ti­ce del­le cit­tà… soprat­tut­to, gran­de “sag­gia­tri­ce di carat­te­ri” la Mon­ta­gna… Vuoi tu cono­sce­re vera­men­te una per­so­na? Por­ta­la con te in mon­ta­gna per mol­ti gior­ni; fre­quen­ta con lei le bai­te, i bivac­chi, i pasco­li, le vet­te, gli alpeg­gi, i rifu­gi, i vali­chi, i diru­pi e i ghiacciai.

Chiun­que essa sia, quel­la per­so­na ti si rive­le­rà per quel­lo che real­men­te essa è. La pia­nu­ra age­vo­la il camuf­fa­men­to, anche quel­lo di noi di fron­te a noi stes­si: la Mon­ta­gna toglie ogni velo. Cado­no gli orpel­li e rima­nia­mo nudi come fum­mo al momen­to di nascere.

C’è chi, ad esem­pio, giun­to a metà o per­si­no alla fine dell’itinerario, pro­va come un sen­so di ver­ti­gi­ne, non fisi­co: è come se un invi­si­bi­le vor­ti­ce lo riat­ti­vas­se ver­so il bas­so ed egli cer­ca, usan­do le scu­se più varie, di riav­vi­ci­nar­si alla pia­nu­ra. L’ebbrezza del­le vet­te, quel­lo sta­to ‒ con­ti­nuo ‒ cari­co di ten­sio­ne, per cui tu devi sem­pre esse­re vigi­le a te stes­so, per sal­va­re te stes­so ed esse­re te stes­so, pro­vo­ca di fre­quen­te tali cortocircuiti.

Ma c’è anche chi (è un caso mol­to fre­quen­te) scam­bia la vet­ta fisi­ca del­la Mon­ta­gna con la meta rea­le, chi iden­ti­fi­ca la capa­ci­tà obiet­ti­va del­lo sfor­zo fisi­co (quel­la che por­ta alla con­qui­sta di una cima) con la rea­liz­za­zio­ne di uno sta­to inte­rio­re. Natu­ral­men­te tut­to ciò non è solo apprez­za­bi­le, ma tal­vol­ta anche indi­spen­sa­bi­le per l’obiettivo da rag­giun­ge­re, e tut­ta­via rap­pre­sen­ta, in fon­do, solo una con­di­zio­ne pre­li­mi­na­re del­lo sta­to spi­ri­tua­le da far sor­ge­re gra­da­ta­men­te in noi tra­mi­te l’ascensione. Se è vero che non vi può esse­re “asce­si” sen­za “asce­sa”, que­sta va inte­rio­riz­za­ta in un atteg­gia­men­to, dap­pri­ma, del­la psi­che, e poi in una disci­pli­na: una vera e pro­pria tec­ni­ca del­la “sali­ta spi­ri­tua­le”, in cui inte­ra­gi­sco­no risor­se fisi­che e vir­tu­tes inte­rio­ri. Ciò non si può inse­gna­re per iscrit­to e nep­pu­re oral­men­te: si deve appren­de­re spon­ta­nea­men­te, come una vera e pro­pria voca­zio­ne, al con­tat­to con la mon­ta­gna e, in que­sto pro­ces­so, l’esempio di chi ti gui­da gio­ca un gran­de ruo­lo. Ma è il cuo­re cosmi­co in noi, in altri ter­mi­ni, che va ride­sta­to, affin­ché bat­ta all’u­ni­so­no con il nostro cuo­re fisi­co, sì che il pas­so dell’alpinista si tra­sfor­mi in un ulte­rio­re gra­di­no ver­so la vet­ta del­la rea­liz­za­zio­ne interiore.

Tut­ta­via, tut­to que­sto va affron­ta­to, all’inizio, con gran­de umil­tà. Humi­lis vuol dire “bas­so” e cor­ri­spon­den­te alla dimen­sio­ne, appun­to, uma­na… E tu vor­re­sti for­se con­qui­sta­re “l’alto” par­ten­do dall’“alto”? Tu, mise­ra­bi­le esse­re nato e cre­sciu­to nel­le cali­gi­ni del­la pia­nu­ra, tu imma­gi­ni già alla par­ten­za di tro­var­ti allo stes­so livel­lo del­le mon­ta­gne? Non per caso la sede degli déi è sta­ta spes­so con­ce­pi­ta sul­la vet­ta di mon­ta­gne… Vor­re­sti tu “con­qui­star­le” subi­to, pre­su­men­do del­le tue for­ze fisi­che sen­za un ade­gua­to tiro­ci­nio di “umil­tà” spi­ri­tua­le? Ciò equi­var­reb­be a profanarle.

Dun­que met­ti da par­te ogni super­bia ed ascen­di sere­na­men­te, sen­za rab­bia: riser­ba la for­za che cre­di di pos­se­de­re a quei tuoi com­pa­gni che sono in dif­fi­col­tà, con­for­ta­li, sosta con loro anche nei bivac­chi non stret­ta­men­te neces­sa­ri. Il tem­po per­du­to nel­la sali­ta fisi­ca sarà rigua­da­gna­to ‒ non dubi­ta­re ‒ in segui­to. Dal momen­to che l’ascesa è una meta­fo­ra evi­den­te del­la vita: una meta­fo­ra rias­sun­ta nel giro di pochi gior­ni o addi­rit­tu­ra di poche ore: tal­vol­ta di pochi attimi.(1)

Rac­co­gli­men­to, serie­tà, com­po­stez­za, mode­stia, umil­tà, spi­ri­to di sacri­fi­cio ed anche di rinun­cia quan­do sia neces­sa­rio: sono que­ste le qua­li­tà (oltre alla pre­pa­ra­zio­ne fisi­ca e tec­ni­ca) che fan­no l’alpinista in sen­so emi­nen­te. E allo­ra anche la stan­chez­za si dimen­ti­che­rà, cibo e bevan­de ele­men­to tra­scu­ra­bi­le; l’ora e il tem­po per­de­ran­no di significato. 


NOTE

1) Si veda­no le espe­rien­ze limi­na­ri in occa­sio­ne di improv­vi­se cadu­te nel vuo­to cita­te da M.HULIN, Sul­la cadu­ta in mon­ta­gna, in “Risguar­do”, IV, Edi­zio­ni di Ar Pado­va 1985, pp. 335–345. Cfr anche R. INCARDONA, Espe­rien­ze inte­rio­ri in alta mon­ta­gna, in “Arthos”, XIV, 29 (1985), pp. 208–210.