IL CULTO DEI FAIRIES NEI PAESI CELTICI: UN’ESCATOLOGIA DI MORTE E RINASCITA

di MARCO MACULOTTI

estrat­to da “Arthos” (pagi­ne di testi­mo­nian­za tra­di­zio­na­le)
n° 29 del 2021
Edi­zio­ni Arŷa Genova 

Incen­tran­do la nostra atten­zio­ne sui fai­ries, è da nota­re come se da una par­te l’etimologia fae richia­ma il carat­te­re “illu­so­rio”, alla stre­gua di un sogno, del­le sud­det­te enti­tà, dall’altra si fa deri­va­re il ter­mi­ne dal­le Tria Fata roma­ne, gover­na­tri­ci del Fato (fatum): non di rado anco­ra oggi le enti­tà feri­che di ses­so fem­mi­ni­le ven­go­no deno­mi­na­te gene­ral­men­te Fate, ma il ter­mi­ne, offu­sca­to da una let­tu­ra più inge­nua e “roman­ti­ca” di deri­va­zio­ne post-sha­ke­spe­ria­na, ha con il pas­sa­re dei seco­li per­so il suo signi­fi­ca­to più inti­mo, che le con­net­te alle Moire/Parche gre­co-roma­ne e alle omo­lo­ghe Nor­ne nor­re­ne, non­ché alle gae­li­che Ban­shee e Coin­teach che annun­cia­no a chi è desti­na­to a mori­re l’av­vi­ci­nar­si del momen­to fati­di­co. Non sarà qui fuo­ri luo­go anda­re con la men­te a quan­to det­to da Pla­to­ne con riguar­do al Mito di Er, in cui il Fato del­le ani­me che si rein­car­na­no con­ti­nua­men­te nel pia­no sub­lu­na­re vie­ne “tes­su­to” nel mon­do sele­ni­co (la luna è spes­so con­nes­sa all’“illusione” e al “sogno”) da Anan­ke (Neces­si­tà) e le tre Moi­re; né sarà fuo­ri luo­go ram­men­ta­re che secon­do Por­fi­rio e Plu­tar­co le Nin­fe, che sono gene­ral­men­te con­si­de­ra­te una cate­go­ria di Fate ascri­vi­bi­le al mon­do natu­ra­le (fon­ti, boschi, mon­ti), equi­var­reb­be nei Miste­ri Orfi­ci, Eleu­si­ni e Pita­go­ri­ci alle ani­me che discen­do­no con­ti­nua­men­te all’interno del­la “caver­na cosmi­ca” (il nostro mon­do sub­lu­na­re) per rein­car­nar­si, ron­da dopo ronda. 

Già da que­sti bre­vi cen­ni sul­la natu­ra del­le Fate i pia­ni cul­tua­li si mischia­no, e ciò non deve esse­re per noi moti­vo di sor­pre­sa: nei pae­si cel­ti­ci (e non solo) i fai­ries sono con­si­de­ra­ti al tem­po stes­so gli spi­ri­ti dei mor­ti e le poten­ze divi­ne che ani­ma­no, secon­do un prin­ci­pio di tipo ani­mi­sta, il mon­do natu­ra­le nel­le sue mol­te­pli­ci mani­fe­sta­zio­ni, nei cor­si d’acqua e negli albe­ri così come nei feno­me­ni meteo­ro­lo­gi­ci. Alcu­ni vivo­no, come le Nin­fe gre­co-roma­ne, nei boschi e nei ruscel­li; altri assur­go­no a Genius Loci di una deter­mi­na­ta area sacra, spes­so carat­te­riz­za­ta da anti­chi inse­dia­men­ti; altri anco­ra sono con­si­de­ra­ti spi­ri­ti che fan­no cre­sce­re il gra­no, e dun­que inqua­dra­bi­li come gli “dèi dei rac­col­ti” di cui han­no par­la­to Man­n­hardt e Fra­zer; a vol­te si men­zio­na una loro con­nes­sio­ne con il bestia­me e la sua fecon­di­tà. Non­di­me­no, come det­to, nel­la tra­di­zio­ne cel­ti­ca il mon­do dei fai­ries è anche il mon­do dei mor­ti, e l’Ann­wn gal­le­se, che è l’“Abisso” e il “mon­do die­tro al nostro”, è anche un Oltre­tom­ba simi­le all’Ade dei Gre­ci, gover­na­to da un dio, Ara­wn, che è innan­zi­tut­to una divi­ni­tà del­la cac­cia e del rit­mo cicli­co del­le sta­gio­ni, come il Cer­nun­no di area cel­ti­ca con­ti­nen­ta­le. A tal pun­to vita e mor­te, e soprat­tut­to rina­sci­ta, appa­io­no indis­so­lu­bil­men­te con­nes­se nel cul­to dei fai­ries.

È nel loro mon­do fata­to che si pos­so­no incon­tra­re, come nel­le tra­di­zio­ni scia­ma­ni­che sibe­ria­ne e ame­rin­die, gli spi­ri­ti disin­car­na­ti dei defun­ti e par­la­re con loro; e le cele­bra­zio­ni di Samain (la moder­na Hal­lo­ween, la “Festa dei Mor­ti”) han­no trop­pe simi­li­tu­di­ni con cer­te feste di fine anno del subar­ti­co ame­ri­ca­no per non intra­ve­der­ne il sub­stra­to comu­ne, che solo per como­di­tà abbia­mo in que­sta sede defi­ni­to “scia­ma­ni­co” e ”ani­mi­sti­co”, e che a nostro pare­re dovet­te esse­re, in un’ottica di stu­di tra­di­zio­na­li, real­men­te pri­mor­dia­le. Quel­le degli Iro­che­si e dei Kwa­kiu­tl sono feste calen­da­ria­li ascri­vi­bi­li alla “cri­si sol­sti­zia­le” di Mez­zo Inver­no che richia­ma­no la Samain cel­ti­ca fin dal­la cre­den­za che vi sta alla radi­ce e che ne ani­ma i festeg­gia­men­ti: si ritie­ne che in quei gior­ni il con­fi­ne che sepa­ra il mon­do dei vivi da quel­lo dei mor­ti e del­le enti­tà feri­che ven­ga meno, e di con­se­guen­za ci si aspet­ta la visi­ta degli “spi­ri­ti ini­zia­to­ri”, iden­ti­ci ai fai­ries cel­ti­ci, oltre che quel­la degli ante­na­ti defun­ti. Sono anzi spes­so que­sti ulti­mi, egual­men­te alla tra­di­zio­ne cel­ti­ca, a tra­sfor­mar­si essi stes­si negli “spi­ri­ti ini­zia­to­ri”, così come nell’area sibe­ria­na lo spi­ri­to del­lo scia­ma­no rag­giun­ge post-mor­tem il regno degli spi­ri­ti e pro­se­gue la sua ope­ra magi­ca in ana­lo­ga gui­sa. Se il nes­so che sus­si­ste tra spi­ri­ti dei morti/antenati e fai­ries è pale­se, non meno impor­tan­te è nel­la con­ce­zio­ne cicli­ca e oli­sti­ca che ani­ma i cul­ti scia­ma­ni­ci quel­lo esi­sten­te fra le enti­tà feri­che e le poten­ze che fan­no cre­sce­re il rac­col­to e che ani­ma­no la natu­ra sel­vag­gia: gli Iro­che­si dell’area subar­ti­ca ame­ri­ca­na duran­te la “cri­si sol­sti­zia­le” com­pio­no dan­ze ritua­li imper­so­nan­do le “Fac­ce di Paglia”, gli spi­ri­ti dell’agricoltura e del­la fer­ti­li­tà, e le “Fac­ce Fal­se” — in oppo­si­zio­ne alle “Fac­ce Vere”, cioè ai vivi — enti­tà feri­che che sono con­tem­po­ra­nea­men­te gli spi­ri­ti degli ante­na­ti e quel­li del­la fore­sta, che pos­so­no rapi­re i gio­va­ni e por­tar­li nel loro mon­do nasco­sto, per “tra­smu­tar­li” e ini­ziar­li alla cono­scen­za segre­ta. Cre­den­za, come vedre­mo oltre, che si ritro­va anche nel­la tra­di­zio­ne cel­ti­ca e che fra gli Iro­che­si dà vita ad azio­ni ritua­li equi­va­len­ti, ope­ra­te all’interno del­la socie­tà uma­na: ad es. i neo­fi­ti sono fisi­ca­men­te rapi­ti dai mem­bri più anzia­ni del­la socie­tà ini­zia­ti­ca imper­so­nan­ti le enti­tà sovrannaturali.