di MARIANO BIZZARRI
estratto da “Arthos” (pagine di testimonianza tradizionale)
n° 28 del 2020
Edizioni Arŷa Genova
In tutte le tradizioni la montagna è luogo simbolico – metafora, o meglio, sostituto “analogico” – di uno spazio verso cui procedere affinché “avvenga ciò che deve avvenire”.(1)
Tutto questo lo spiega bene René Daumal (1908 ‑1944)(2) – controverso e per certi versi enigmatico autore francese della prima metà del secolo scorso – nel suo romanzo incompiuto Mont analogue (Monte Analogo).
“La
Montagna è il legame tra Terra e il Cielo. La sua cima unica tocca
il mondo dell’eternità e la sua base si ramifica in molteplici
contrafforti nel mondo dei mortali. È la via per la quale l’uomo
può elevarsi alla divinità e la divinità rivelarsi all’uomo. I
patriarchi e i profeti dell’Antico Testamento s’incontrano faccia
a faccia con il Signore in luoghi elevati”.(3)
E più oltre specificava come, “perché
una montagna possa assumere il ruolo di
Monte Analogo
[…] è necessario che la sua cima sia inaccessibile, ma la sua base
accessibile agli esseri umani quali la natura li ha fatti. Deve
essere unica e deve esistere geograficamente. La porta
dell’invisibile deve essere visibile”.(4)
Per cui, “Con questa montagna come linguaggio, parlerò di un’altra montagna che è la via che unisce la terra al cielo, e ne parlerò non per rassegnarmi, ma per esortarmi”.(5)
Recarsi sulla Montagna vuol dire “chiedere udienza” alla divinità,(6) per ascoltare quella “Parola” in cui la realtà si sostanzia e che permette di conseguire la vera immortalità, quella dello spirito.
NOTE
1) È
propriamente questo il significato del lemma “avventura”, che
individua un futuro in cui si attualizzi ciò che permette di
realizzare quanto – in germe – è già contenuto nel presente.È
questa una definizione tutta iniziatica che, quando riferita
all’essere, concepisce quest’ultimo come “ente in divenire e
in perfezionamento continuo”, concetto mutuato dalla tradizione
estremo-orientale (ma altresì incluso nella speculazione filosofica
eraclitea) e ben presente in Daumal che scrive “si vede a se
stessi come a qualcosa che deve giungere
a compimento, una visione sfalsata da
raddrizzare, un miscuglio chimico da trasformare, una moltitudine da
unificare”(René Daumal, Pour
approcher l’Art Poétique Hindou,
Cahiers du Sud, juin-juillet 1941, p. 253). Niente quindi in comune
con l’accezione corrente del termine “avventura” in cui la
modernità ha voluto imprimervi il marchio del rovesciamento
simbolico. Avventura è comunemente considerata ciò che permette di
evadere
dalla realtà, per accedere a fonti di sensazioni che alimentano
l’Io, tutte circoscritte alla sfera psichica a cui finiscono con
l’ancorare l’essere ancor più tenacemente, proprio in virtù
della loro speciale intensità. Questa è una dimensione
squisitamente estetica,
del tutto estranea all’autentica realizzazione spirituale. Come
Evola avrebbe sottolineato, questa concezione assolutamente moderna
dell’avventura porta a “esasperare una percezione puramente
fisica, chiusa, dura della personalità e della virilità, la quale
nell’uomo moderno è già anormalmente sviluppata e non
costituisce certo la condizione migliore per la riconquista di una
spiritualità vera, liberata, trascendente” (J. Evola, Meditazione
sulle vette, a cura di R. del Ponte,
Mediterranee, Roma, 2003, p. 88).
2) René
Daumal (Boulzicourt, Ardenne, 16 marzo 1908 – Parigi, 21 maggio
1944). L’interesse per Daumal è venuto crescendo nel corso
dell’ultimo ventennio – dopo la riscoperta avvenuta negli anni
’60 quando venne ad essere per la prima volta nettamente
“dissociato” dal surrealismo — beneficiando di una sorta di
riscoperta che ha portato alla pubblicazione di numerosi saggi ed
alla ristampa di molte sue opere. Una bibliografia (non esaustiva)
sull’argomento ricorderà i seguenti titoli: Opere di René Daumal:
1. R. Daumal, Il lavoro su di sé.
Lettere a Geneviève e Louis Lief, a
cura di C. Rugafiori, e al., Adelphi, Milano, 1998; 2. R. Daumal,
Lanciato dal pensiero. Saggi e
traduzioni dal sanscrito. A cura di C.
Rugafiori e L. Simini, Adelphi, Milano, 2019; 3. R.
Daumal, Pataphysical Essays,
a cura di Thomas Vosteen, Imagining science, 2012. 4.
Rene Daumal, Au-delà de l’horizon,
Corti Ed., 1998.5. R. Daumal,
Chroniques cinématographiques (1934). Au
signe de la licorne, Gallimard, 2004. 6. R. Daumal, Correspondance
avec les Cahiers du Sud, Au Signe de
la Licorne, 2006. 7. R. Daumal, (Se
dégager du scorpion imposé). Poésies et notes inédites
(1924–28), 2014, Éditions Éoliennes.
8. R. Daumal, Poésie noire et poésie
blanche, 2015, Voix d’encre. 9. R.
Daumal, Ecrits pataphysiques,
Au Signe de la Licorne, 2016 ; 9. R. Daumal, Les
limites du langage philosophique, suivi de La guerre sainte.
Éditions la Tempête, 2018 ; R. Daumal, La
Guerra Santa,Ursae Coeli, Roma, 2019.
Saggi su Daumal: 1. R. Marcaurelle, René
Daumal : Ver l’éveil définitif,
L’Harmattan, 2004. 2. Basarab Nicolescu et al., René
Daumal et l’enseignement de Gurdjieff : Etudes, correspondances et
documents inédits, Sagesse, 2015. 3.
Jean-Philippe de Tonnac, René Daumal, l’archange, Grasset, 1998. 4.
Collectif, Dossier H : René Daumal, L’age d’Homme, 1993. 5.
René Daumal, Maximilian Gilleßen, e al., Das große Besäufnis,
Zero Sharp, 2018.
3) RENÉ DAUMAL, Il Monte Analogo,
Adelphi, Milano, 1968, p. 15. Daumal comincerà a scrivere il suo
racconto subito dopo la pubblicazione de La
Guerre Sainte (1940), lavorandoci a
ritmi interrotti fino all’aprile del 1944, quando la morte –
sopravvenuta a seguito della tubercolosi in un fisico provato – lo
coglierà prima che potesse scrivere l’ultimo capitolo. La prima
edizione francese venne fatta da Gallimard (Parigi) nel 1952.
Inspiegabilmente (e disgraziatamente) la versione di Adelphi
riporta, in appendice una versione troncata della postfazione
originaria, redatta dalla moglie di René Daumal, Vera Daumal.
4) R.
DAUMAL, Il Monte Analogo,
Adelphi, Milano, 1968, p. 17.
5)Ibidem,
p. 135.
6) In
cinese “andare in pellegrinaggio” significa appunto recarsi sul
monte per avere udienza.