di RENATO DEL PONTE
estratto da “Dèi e Miti Italici“
2020 — Edizioni Arŷa Genova
È stato opportunamente sottolineato che probabilmente “non è il culto di Giove la manifestazione più antica presso gli Italici”.(1) Le tradizioni connesse al ver sacrum, che, abbiamo visto, rimandano alla più alta “preistoria politica d’Italia”, si ricongiungono tutte, infatti, alla figura di Marte, dio della guerra — e in origine rappresentato semplicemente come un’asta militare, curis(2) — e nel contempo protettore (armato…) delle pacifiche attività agricole e pastorali.(3) Così, come difensore armato, poteva essere invocato dai guerrieri prima della battaglia e dai contadini prima della lustrazione dei campi, con offerta di frutta e sacrifici di messi,(4) fare da patrono ai bellicosi Salii ed ai pacifici Fratres Arvali.
NOTE
1) G. DEVOTO, op. cit., p. 187.
2) Cfr. Ov., Fast., II, 477: “site quod hasta curis priscis est dicta Sabinis”; FEST„ IV, p. 154 L.: “curis est Sabine hasta. Unde Romulus Quirinus, quia eam ferebat, est dictus; et Romani a Quirino Quirites dicuntur”. Interessante può essere un raffronto con le incisioni rupestri della Val Camonica e di Monte Bego raffiguranti armi e in particolare lunghe aste, per le quali qualcuno ha parlato (un po’ impropriamente) di “culto delle armi”. Notevole soprattutto a Monte Bego l’associazione di certe armi con figure cornute, che pertanto sembrerebbe collegare ideologicamente, come nei miti da noi esaminati, la divinità, la sua “potenza” e le sue epifanie animali. Cfr. E. ANATI, Civiltà preistorica della Valcamonica, Milano 1964, pp. 171–173; ID., I pugnali nell’arte rupestre e nelle statue-stele dell’Italia Settentrionale, Capodiponte 1972; E. BERNARDINI, Monte Bego: storia di una montagna, Bordighera 1971, p. 95.
3) Ormai definitivamente tramontate (grazie anche alle acute osservazioni del Dumézil: cfr. Rel. rom. arc., cit., pp. 189–223) paiono le vecchie teorie intorno al “Marte agrario”, che avevano i loro ultimi punti di forza in certe caratteristiche dei riti dell’Equus October e degli Ambarvalia, anch’essi ridimensionati dal Dumézil.
4) Catone (De re rustica, 141) riporta l’antica preghiera che i pastori e gli agricoltori italici rivolgevano a Marte (vedi nel testo e analisi in G. DUMÉZIL, Rel. rom. arc., cit, pp. 211–216).