RITI, PENSIERO E IMMAGINAZIONE DELL’UOMO DEI BALZI ROSSI

di RENATO DEL PONTE

estrat­to da “I Ligu­ri
del 2019
Edi­zio­ni Arŷa Genova 

Nel cor­so del­lo sca­vo, Jul­lien ave­va sco­per­to anche abbon­dan­te mate­ria­le archeo­lo­gi­co che evi­tò, sul momen­to, di ren­de­re noto. Si trat­ta­va di diver­se sta­tuet­te in stea­ti­te (pie­tra dal­le bel­le tona­li­tà e facil­men­te lavo­ra­bi­le) alte non più di 7 cm, det­te comu­ne­men­te “vene­ri paleo­li­ti­che”, che raf­fi­gu­ra­no imma­gi­ni fem­mi­ni­li dagli esa­ge­ra­ti carat­te­ri di fecondità.

Il pre­giu­di­zio che la “pri­mi­ti­vi­tà” in sen­so tec­no­lo­gi­co com­por­tas­se anche una “pri­mi­ti­vi­tà” spi­ri­tua­le era all’epoca for­te­men­te radi­ca­to. Vi era quin­di la ten­den­za ad attri­bui­re mani­fe­sta­zio­ni cul­tu­ra­li del gene­re (deno­tan­ti, fra l’altro, sen­si­bi­li­tà e spic­ca­to sen­so arti­sti­co) a popo­la­zio­ni più recen­ti e quin­di a gen­ti neo­li­ti­che. L’attribuzione del­le sepol­tu­re al Paleo­li­ti­co, tena­ce­men­te e giu­sta­men­te soste­nu­ta dal Riviè­re, appa­ri­va dun­que sco­mo­da: come avreb­be­ro potu­to, uomi­ni che non cono­sce­va­no tec­ni­che di levi­ga­zio­ne del­la pie­tra e di pro­du­zio­ne del­la cera­mi­ca pos­se­de­re tale sen­si­bi­li­tà artistica?

Jul­lien, dun­que, che teme­va come il ritro­va­men­to del mate­ria­le rin­gio­va­nis­se tut­to il resto del depo­si­to e quin­di ne ridu­ces­se il valo­re, pre­fe­rì tace­re. Par­lò sol­tan­to dodi­ci anni dopo, quan­do le testi­mo­nian­ze sull’esistenza di un’arte paleo­li­ti­ca in Euro­pa furo­no incontestabili.

In quan­to al signi­fi­ca­to del­le “vene­ri”, la note­vo­le adi­po­si­tà del­le nati­che (stea­to­pi­gia) che distin­gue anco­ra oggi cer­te popo­la­zio­ni dell’Africa austra­le ave­va fat­to sup­por­re ai pri­mi ricer­ca­to­ri che si trat­tas­se di rap­pre­sen­ta­zio­ni rea­li­sti­che del­la don­na di allo­ra: cioè che anche in Euro­pa, nel Paleo­li­ti­co Supe­rio­re, esi­stes­se­ro popo­la­zio­ni con tali carat­te­ri. Tut­ta­via l’aspetto del­le don­ne di Cro-Magnon, il cui tipo di ali­men­ta­zio­ne non si basa­va sull’utilizzo qua­si esclu­si­vo di cer­ti cerea­li (come i tipi afri­ca­ni), ma era essen­zial­men­te car­ni­vo­ro, dove­va esse­re assai dif­fe­ren­te e pro­prio il fat­to che gli aspet­ti con­ven­zio­na­li del­le sta­tuet­te si riscon­tri­no su una vasta area euro­pea (Fran­cia, Austria, Mora­via) por­ta a con­clu­de­re che tali ogget­ti aves­se­ro un valo­re magi­co-reli­gio­so in rela­zio­ne alla fecondità.

Que­sti pre­giu­di­zi otto­cen­te­schi ci fan­no meglio com­pren­de­re il moti­vo per cui fino al 1971, a un seco­lo dal­l’i­ni­zio del­le esplo­ra­zio­ni, fos­se sfug­gi­ta l’e­si­sten­za di un’ar­te parie­ta­le ai Bal­zi Ros­si. In quel­l’an­no Giu­sep­pe Vici­no, del Museo Civi­co di Fina­le, indi­vi­duò nume­ro­se inci­sio­ni linea­ri, alcu­ne sche­ma­ti­che rap­pre­sen­ta­zio­ni ses­sua­li, ricon­du­ci­bi­li alla magia del­la fecon­di­tà, e, nel­la Grot­ta del Cavi­glio­ne, a cir­ca 7 m sopra l’at­tua­le suo­lo, la raf­fi­gu­ra­zio­ne rea­li­sti­ca di un caval­lo, lun­ga 40 cm e alta 20. Dall’aspetto mas­sic­cio del­la testa e del­la taglia, non­ché dal­le pro­por­zio­ni, è rav­vi­sa­bi­le il caval­lo di Przewal­skii, equi­de vis­su­to nel­le fasi del­la gla­cia­zio­ne di Würm, da cui deri­ve­reb­be l’attuale caval­lo sel­vag­gio del­la Camar­gue e che pare soprav­vis­su­to in pochis­si­mi esem­pla­ri (una ven­ti­na) avvi­sta­ti anni fa in un’oa­si del deser­to del Gobi in Mongolia.(1) Se poi si tie­ne con­to che, secon­do Leroi-Gourhan,(2) nel­le raf­fi­gu­ra­zio­ni paleo­li­ti­che, esi­ste­reb­be uno spe­ci­fi­co abbi­na­men­to di valo­ri “maschi­li” e “fem­mi­ni­li” appli­ca­to a imma­gi­ni come il bison­te (fem­mi­na) e il caval­lo (maschio) e che nel pic­co­lo ripa­ro a est del­lo sca­vo Mochi pare raf­fi­gu­ra­to pro­prio un bisonte,(3) anche le caver­ne dei Bal­zi Ros­si rive­la­no di esse­re un mon­do orga­niz­za­to, ric­co di signi­fi­ca­ti e simboli.

Sarà qui oppor­tu­no ricor­da­re che la pur limi­ta­ta, ma note­vo­le pro­du­zio­ne arti­sti­ca dei Bal­zi Ros­si si svi­lup­pa paral­le­la­men­te, se non con­tem­po­ra­nea­men­te, alla mira­bi­le fio­ri­tu­ra arti­sti­ca del­le caver­ne fran­co-can­ta­bri­che che han­no rive­la­to capo­la­vo­ri come quel­li del­le pit­tu­re rupe­stri di Lascaux e Alta­mi­ra, per non cita­re che le più note.

In anni abba­stan­za recen­ti Ale­xan­der Mar­shak ha potu­to dimo­stra­re l’esistenza, nel Paleo­li­ti­co Supe­rio­re, di un siste­ma di nota­zio­ni del tem­po basa­to sull’osservazione del­le fasi luna­ri che si sareb­be con­ser­va­to per più di 25.000 anni. Addi­rit­tu­ra, secon­do Mar­shak, la scrit­tu­ra, l’a­rit­me­ti­ca e il calen­da­rio vero e pro­prio, che fan­no la loro com­par­sa nel­le pri­me civil­tà, si rife­ri­reb­be­ro al sim­bo­li­smo impre­gnan­te il siste­ma di nota­zio­ni uti­liz­za­te duran­te il Paleolitico.(4)

Ana­liz­zan­do i mean­dri inci­si su ogget­ti o dipin­ti sul­le pare­ti del­le caver­ne, Mar­shak è giun­to quin­di alla con­clu­sio­ne che tali dise­gni costi­tui­sco­no un “siste­ma” poi­ché pre­sen­ta­no una suc­ces­sio­ne ed espri­mo­no un’in­ten­zio­na­li­tà. Ciò con­fer­me­reb­be la fun­zio­ne ritua­le, secon­do Mir­cea Eliade,(5) dei segni e del­le figu­re paleolitiche.

Tale “siste­ma” vie­ne con­fer­ma­to dal­la pre­sen­za, nel­le grot­te dei Bal­zi Ros­si, di fram­men­ti liti­ci e ossei lavo­ra­ti. Un ciot­to­lo mostra segni geo­me­tri­ci a zig-zag rac­chiu­si entro linee non pri­ve di una cer­ta rego­la­ri­tà. Soprat­tut­to le tac­che ver­ti­ca­li han­no indot­to a sup­por­re l’e­si­sten­za di una spe­cie di pri­mi­ti­vo calen­da­rio lega­to ai feno­me­ni cele­sti essen­zia­li, come le fasi luna­ri o l’alternarsi del­le sta­gio­ni, che sareb­be­ro sta­ti anno­ta­ti con una suc­ces­sio­ne di inta­gli su appo­si­te tavo­let­te liti­che od ossee. La Grot­ta del Cavi­glio­ne ha for­ni­to un osso inci­so con due grup­pi for­ma­ti da tre tac­che cia­scu­no; la Bar­ma Gran­de un pez­zo di sci­sto con una suc­ces­sio­ne di ven­ti inta­gli varia­men­te distan­zia­ti. Il con­fron­to con le caver­ne del­la Dor­do­gna dimo­stra, d’altronde, che il con­teg­gio dei feno­me­ni cele­sti tra­mi­te inta­gli era dif­fu­so già dal 30.000 a.C. Le inci­sio­ni dei Bal­zi Ros­si rap­pre­sen­ta­no dun­que la mani­fe­sta­zio­ne d’arte rupe­stre paleo­li­ti­ca più orien­ta­le che si cono­sca: potrem­mo defi­nir­la l’e­stre­mo svi­lup­po del­la civil­tà fran­co-can­ta­bri­ca dell’uomo di Cro-Magnon. In quan­to al costu­me di cospar­ge­re i cada­ve­ri o la loro tom­ba di ocra ros­sa, in ogni caso la pri­ma testi­mo­nian­za di una con­si­de­ra­zio­ne extra­tem­po­ra­le ver­so il mor­to, esso è dif­fu­so uni­ver­sal­men­te nel tem­po e nel­lo spa­zio, dal­la Cina all’Africa, dall’Australia e la Tasma­nia all’A­me­ri­ca sino alla Ter­ra del Fuo­co, sen­za dimen­ti­ca­re la civil­tà dei kur­gan del­le step­pe pon­ti­che. Per rima­ne­re nel­l’a­rea medi­ter­ra­nea, lo ritro­via­mo a Mal­ta, in Sar­de­gna, Cor­si­ca e Gre­cia, dove Ome­ro testi­mo­nia del­l’u­san­za di avvol­ge­re il defun­to in suda­ri ros­si: essa è anco­ra oggi pra­ti­ca­ta nei fune­ra­li dei papi, uni­co esem­pio soprav­vis­su­to di un tra­di­zio­na­li­smo ritua­le preistorico.

Ma che pen­sa­re in quan­to al suo signi­fi­ca­to? Gene­ral­men­te (Lavio­sa Zam­bot­ti, Mùl­ler Kar­pe, Elia­de, Altan, James e Marin­ger, Bayet) il colo­re ros­so vie­ne mes­so in rela­zio­ne col san­gue, inte­so come “il più poten­te rige­ne­ra­to­re del­le for­ze vita­li” (Bayet), il qua­le avreb­be dovu­to “dare resur­re­zio­ne al cor­po” (Lavio­sa Zam­bot­ti), “san­gue”, dun­que, “sim­bo­lo del­la vita” (Elia­de). Anche se indub­bia­men­te il san­gue ave­va — e tut­to­ra con­ser­va nel­l’im­ma­gi­na­rio popo­la­re — que­sto pote­re magi­co catar­ti­co, non ci pare una spie­ga­zio­ne del tut­to sod­di­sfa­cen­te. In un mito assi­ro il dio Mar­duk si spal­ma il cor­po di ocra ros­sa per pro­teg­ger­si con­tro le poten­ze del male pri­ma di affron­ta­re in com­bat­ti­men­to la dea madre Tia­mat. Qui il ros­so pare assu­me­re una valen­za apo­tro­pai­ca in rela­zio­ne col mon­do dei morti.

Tenen­do con­to che la pur dif­fu­sa con­sue­tu­di­ne non è però gene­ra­liz­za­ta e con­cer­ne solo “cer­te” tom­be, qua­si un segno di par­ti­co­la­re distin­zio­ne, in un altro nostro lavoro(6) abbia­mo appro­fon­di­to il discor­so esa­mi­nan­do, alla luce del­la tra­di­zio­ne roma­na e, pri­ma anco­ra, dell’antico mon­do gre­co, il “ros­so” come valo­re trion­fa­le e la veste pur­pu­rea come con­tras­se­gno di rega­li­tà divi­na. Più con­vin­cen­te è dun­que pen­sa­re, alme­no per le tom­be più anti­che, in cui gli sche­le­tri gia­ce­va­no su uno stra­to colo­ra­to di ros­so come su un tes­su­to festo­sa­men­te diste­so (grot­ta del­le Are­ne Can­di­de) o ne era­no rico­per­ti (alcu­ne dei Bal­zi Ros­si), ad una “sem­pli­ce mani­fe­sta­zio­ne di solennità”,(7) non disgiun­ta cer­ta­men­te da valen­ze pro­tet­ti­ve. Sco­per­te archeo­lo­gi­che recen­ti han­no dimo­stra­to che l’e­ma­ti­te veni­va estrat­ta da una minie­ra dell’Africa austra­le 29.000 anni fa e in Zim­ba­we 43.000 anni fa e che tali minie­re furo­no sfrut­ta­te per mil­len­ni. Un’analoga minie­ra è sta­ta sco­per­ta in Unghe­ria pres­so il lago Bala­ton e risa­le a 24.000 anni fa, cosa che, secon­do Mir­cea Elia­de, “illu­stra le pos­si­bi­li­tà tec­no­lo­gi­che dei Paleo­li­ti­ci e l’e­sten­sio­ne del­le loro comunicazioni”.(8)


NOTE

1) Per la sco­per­ta e i par­ti­co­la­ri del­le inci­sio­ni, cfr. G. VICINO, Sco­per­ta di inci­sio- ni rupe­stri paleo­li­ti­che ai Bal­zi Ros­si, in RSL, XXXVIII, 1 (gen­na­io-mar­zo 1972), pp. 5- 26 e Id., Le inci­sio­ni paleo­li­ti­che del­la Bar­ma Gran­de (Gri­mal­di di Ven­ti­mi­glia), in SG, nuo­va serie, 1982, pp. 33–40. Si veda anche, di ano­ni­mo (ma N. LAMBOGLIA), La sco- per­ta di inci­sio­ni paleo­li­ti­che nel­le caver­ne dei Bal­zi Ros­si, in “Noti­zia­rio Inte­me­lio” del­l’I­sti­tu­to Inter­na­zio­na­le di Stu­di Ligu­ri, n. 6, giu­gno 1971.

2) Cfr. A. LEROI-GOURHAX, Les Reli­gions de la Pré­hi­stoi­re. Paléo­li­ti­que, Paris 1964 (trad. it. Le reli­gio­ni del­la pre­i­sto­ria, Mila­no 1970).

3) Si veda la fig. 5 a p. 16 del cit. scrit­to di G. VICINO, Sco­per­ta di inci­sio­ni rupestri…

4) Cfr. A. MARSHAK, The Roo­ts of Civi­li­za­tion, New York 1972, pp. 81 e ss.

5) Cfr. M. ELIADE, Sto­ria del­le cre­den­ze e del­le idee reli­gio­se, vol. I, Firen­ze 1979, p. 35.

6) Cfr. R. DEL PONTE, La Reli­gio­ne dei Roma­ni, II ed. ARŶA, Geno­va 2017, pp. 211–214.

7) E. DELFINO, Ligu­ria pre­i­sto­ri­ca. Sepol­tu­re dal Paleo­li­ti­co Supe­rio­re all’E­tà del Fer­ro in Ligu­ria e nel­l’a­rea ligu­re, Savo­na 1981, p. 21 (sia­mo debi­to­ri all’au­to­re di que­sto testo anche per mol­te altre uti­li indicazioni).

8) M. ELIADE, op. cit.