DECEMBER

di RENATO DEL PONTE

Estrat­to da “Dèi e miti ita­li­ci
2020
Edi­zio­ni Arŷa Genova 

Secon­do Macro­bio non ci sareb­be da mera­vi­gliar­si se, nel­le varie­tà di com­pu­to del tem­po pres­so i vari popo­li: “anche i Roma­ni un tem­po, per ope­ra di Romo­lo, abbia­no avu­to un anno di die­ci mesi, con ini­zio a mar­zo e un tota­le di 304 gior­ni: sei mesi, apri­le, giu­gno, sesti­le, set­tem­bre, novem­bre, dicem­bre, era­no di 30 gior­ni; quat­tro, mar­zo, mag­gio, quin­ti­le, otto­bre di 31…”.

Plu­tar­co nel­le Quae­stio­nes Roma­nae (268 a‑d): “Che nei tem­pi anti­chi mar­zo fos­se il pri­mo mese risul­ta chia­ro da mol­te con­si­de­ra­zio­ni, spe­cial­men­te dal fat­to che il quin­to mese, comin­cian­do da mar­zo, è chia­ma­to quin­to (Quin­ti­lis), il seguen­te sesto (Sex­ti­lis) e così di segui­to fino all’ultimo, che chia­ma­no dicem­bre e che è il deci­mo a con­ta­re da mar­zo. Di qui l’opinione di alcu­ni, che gli anti­chi Roma­ni con­tem­plas­se­ro il loro anno non in 12 ma in 10 mesi, dan­do a talu­ni mesi una dura­ta supe­rio­re ai tren­ta gior­ni”.

E sem­pre lo stes­so nel­la Vita di Numa, 18: “Ebbe Numa pur cogni­zio­ne non già esat­ta, ma nean­che super­fi­cia­le intor­no alle cose spet­tan­ti al gira­re del cie­lo. Dal momen­to che, regnan­do Romo­lo, ci si ser­vi­va di mesi fat­ti sen­za rego­la e sen­za ordi­ne alcu­no, alcun che non ave­va­no nep­pu­re ven­ti gior­ni, altri che ne ave­va­no tren­ta­cin­que ed altri che ne ave­va­no ancor di più; né affat­to allo­ra pone­va­no men­te alla dise­gua­glian­za che pas­sa tra il cor­so del sole e quel­lo del­la luna; ma que­sto solo osser­va­va­no, che l’anno fos­se di 360 gior­ni (…) Mol­ti voglio­no che que­sti due mesi, gen­na­io e feb­bra­io, sia­no sta­ti aggiun­ti da Numa e che da prin­ci­pio fos­se l’anno pres­so i Roma­ni di die­ci mesi sol­tan­to (…) Che i Roma­ni aves­se­ro l’anno di die­ci mesi e non di dodi­ci, si pro­va dal nome dell’ultimo, il qua­le anche oggi chia­ma­no deci­mo”.

Era dun­que a Roma tra­di­zio­ne indi­scus­sa, ma dal signi­fi­ca­to rea­le mol­to oscu­ro, che Romo­lo aves­se ordi­na­to un calen­da­rio sul­la base di die­ci mesi, men­tre Numa lo aves­se rifor­ma­to, por­tan­do­lo a dodi­ci (su base luna­re e per­tan­to di 355 gior­ni). Par­reb­be cioè indi­scu­ti­bi­le che fos­se­ro esi­sti­ti due calen­da­ri diver­si, rife­ri­bi­li a due epo­che diverse.

La noti­zia appa­re, a pri­ma vista, così stra­na, appa­ren­te­men­te pri­va di pre­ce­den­ti, e ciò nono­stan­te dota­ta di un suo par­ti­co­la­re peso sacra­le, che il suo sen­so è sfug­gi­to agli stu­dio­si moder­ni, che mol­to han­no discus­so sul­la “sto­ri­ci­tà” del calen­da­rio romu­leo ed anche sul­la pos­si­bi­le coe­si­sten­za di calen­da­ri diver­si. L’atteggiamento gene­ra­le è di scetticismo.