ETIMOLOGIA DI PONTIFEX.

di GIOVANNI VIRGILIO SANNAZZARI

estrat­to da “Arthos” (pagi­ne di testi­mo­nian­za tra­di­zio­na­le)
n° 29 del 2020
Arŷa Geno­va


Per lo stu­dio del cul­tus deo­rum in Roma è asso­lu­ta­men­te pre­gnan­te l’osservazione di Rena­to Del Pon­te secon­do cui “i Roma­ni furo­no gli auto­ri di un ori­gi­na­le, inten­so e straor­di­na­rio rap­por­to col divi­no”.(1) Un rap­por­to par­ti­co­la­re che non tro­va facil­men­te cor­ri­spon­den­za nem­me­no in ciò che si cono­sce del rima­nen­te mon­do indoeu­ro­peo: tut­ta­via rive­la una del­le for­me più genui­ne di reli­gio­si­tà in tale ambi­to, poi­ché “nes­su­no sem­bra meri­ta­re il nome di indoeu­ro­pei più degli ‘Ita­li­ci’ che si sta­bi­li­ro­no nel­la peni­so­la nel secon­do mil­len­nio, e tra que­sti, soprat­tut­to i Lati­ni”.(2)

Un rap­por­to che rap­pre­sen­ta per­tan­to un uni­cum, un “siste­ma” asso­lu­ta­men­te equi­li­bra­to, dac­ché, come nota­va Brelich,(3) “l’organizzazione del sacer­do­zio pub­bli­co nell’antica Roma non è sol­tan­to quan­to di più per­fet­to e pre­ci­so ci sia in que­sto set­to­re del­le reli­gio­ni, ma rive­la anche, nel modo più evi­den­te, gli orien­ta­men­ti fon­da­men­ta­li di una reli­gio­ne poli­tei­sti­ca”. Difat­ti augu­res e pon­ti­fi­ces costi­tui­ro­no i pila­stri del­la reli­gio­ne roma­na nel­la loro spe­ci­fi­ci­tà, rispet­ti­va­men­te inter­pre­ti degli auspi­cia e custo­di dei sacra, fon­da­men­ta­li per l’esistenza di Roma stessa.(4)

Nel pro­po­si­to di affron­ta­re anco­ra una vol­ta il signi­fi­ca­to di pon­ti­fex è oppor­tu­no pre­ci­sa­re che il ten­ta­ti­vo che inten­do per­se­gui­re è quel­lo di far sì che la tra­di­zio­ne roma­na orien­ti la ricer­ca e che que­sta, a sua vol­ta, ser­va come veri­fi­ca del­la tra­di­zio­ne stessa.(5) Non solo, ma come magi­stral­men­te osser­va­to dal pro­fes­sor Fran­ce­sco Sini,(6) in un’occasione infor­ma­le di mol­ti anni fa, l’intento fon­da­men­ta­le di un cer­to tipo di stu­dio con­si­ste nel “rida­re la paro­la agli anti­chi testi e coglie­re gli aspet­ti teo­lo­gi­ci e giu­ri­di­ci del­la reli­gio­ne roma­na tra­di­zio­na­le ‘dall’interno’, sen­za para­oc­chi e sen­za pre­ven­zio­ni cate­go­ria­li o dog­ma­ti­che. Soven­te la solu­zio­ne più cor­ret­ta meto­do­lo­gi­ca­men­te è la più sem­pli­ce: atte­ner­si alle fon­ti. È sta­ta una sor­pre­sa anche per me, sco­pri­re nel cor­so di quel­le ricer­che quan­ta par­te dell’antica teo­lo­gia rie­mer­ges­se da un’analisi stret­ta­men­te giu­ri­di­ca dei testi lati­ni. La ricer­ca con­dot­ta sen­za pre­con­cet­ti (del­le moder­ne cate­go­rie dog­ma­ti­che), con one­stà ver­so le fon­ti anti­che e con rigo­re meto­do­lo­gi­co, con­du­ce soven­te ver­so l’ignoto: a sco­pri­re l’abisso del­la nostra igno­ran­za e del­la nostra insen­si­bi­li­tà”.

Le eti­mo­lo­gie di pon­ti­fex nel­la tra­di­zio­ne roma­na sono noto­ria­men­te sol­tan­to due e tra­smes­se da un’unica fon­te: la pri­ma quel­la mucia­na, ossia del gran­de giu­ri­sta e pon­te­fi­ce mas­si­mo Q. Mucio Sce­vo­la, e la secon­da del gran­de eru­di­to M. Teren­zio Var­ro­ne, entram­be con­te­nu­te in poche e strin­ga­te righe del quin­to libro del De lin­gua lati­na del Rea­ti­no che, dedi­ca­to insie­me con i due suc­ces­si­vi a Cice­ro­ne, trat­ta, come dice lui stes­so (7.7.110) del­le ori­gi­nes ver­bo­rum loco­rum et earum rerum quae in locis esse solent. (cioè “eti­mo­lo­gie dei nomi di luo­go e degli ogget­ti che si tro­va­no di nor­ma nei vari luo­ghi”).(7)

L’importanza del­la fon­te var­ro­nia­na è deter­mi­na­ta dal fat­to che è l’unica che ci è per­ve­nu­ta. Il De lin­gua lati­na fu com­po­sto intor­no al 45 a.C., ma nel ven­ten­nio pre­ce­den­te appar­ve­ro due ope­re che, se ci fos­se­ro giun­te, for­se avreb­be­ro potu­to aggiun­ge­re ele­men­ti deter­mi­nan­ti sull’origine e la sto­ria del pon­ti­fi­ca­to. Nel 63 a.C. C. Giu­lio Cesa­re fu elet­to pon­te­fi­ce mas­si­mo, con­tem­po­ra­nea­men­te, o qua­si, com­par­ve un’opera, i Pon­ti­fi­ca­lia, di incer­ta attri­bu­zio­ne: rife­ri­bi­le for­se a L. Giu­lio Cesa­re (figlio dell’omonimo con­so­le del 90), con­so­le nel 64 non­ché augu­re dall’87 alla mor­te avve­nu­ta nel 40, che fu auto­re di Augu­ra­lia o Augu­ra­les Auspi­cio­rum libri,(8) tut­ta­via altri la attri­bui­sco­no a C. Giu­lio Cesa­re. sul­la base di Ori­go gen­tis Roma­nae 16,4 (v. Serv. ad Aen. 1.267; Ori­go gent. Rom. 15.5) ove è dimo­stra­to un gran­de inte­res­se per la discen­den­za di Enea e quin­di del­la gens Iulia per­fet­ta­men­te com­pa­ti­bi­le con l’ambizione di Cesa­re; è mol­to pro­ba­bi­le che riguar­das­se sia lo ius pon­ti­fi­cium, sia gli aspet­ti sto­ri­co reli­gio­si di tale sacerdozio,(9) e pare che fos­se accol­ta con gran­de favo­re anche per il pre­sti­gio di cui gode­va l’autore. Si era aper­to un lun­go e fecon­do perio­do che cul­mi­ne­rà con la restau­ra­zio­ne augustea.(10)

Var­ro­ne stes­so trat­tò in pre­ce­den­za de pon­ti­fi­ci­bus (oltre che de augu­ri­bus e de quin­de­cim­vi­ris sacro­rum) nel­le Anti­qui­ta­tes rerum divi­na­rum, secon­do la testi­mo­nian­za di Ago­sti­no d’Ippona (civ. dei, 6, 3 p. 248,24). Dei XLV anti­qui­ta­tum libri, le res huma­nae cado­no intor­no al 56 a.C., le divi­nae al 47 (dedi­ca­te a Cesare)(11) men­tre il de lin­gua lati­na fu ini­zia­to nel 47 e ter­mi­na­to nel 45. 


NOTE


1) RENATO DEL PONTE, La reli­gio­ne dei Roma­ni, “Pre­mes­sa”, Mila­no 1992, p. 9.

2) JEAN BAYET, La reli­gio­ne roma­na. Sto­ria poli­ti­ca e psi­co­lo­gi­ca, Tori­no 1959, p. 15.

3) ANGELO BRELICH, Il poli­tei­smo, a cura di Mar­cel­lo Mas­sen­zio e Andrea Ales­san­dri, Roma 2007 p. 94.

4) Maio­res sta­tas sol­lem­ne­sque cae­ri­mo­nias pon­ti­fi­cum scien­tia, bene geren­da­rum rerum auc­to­ri­ta­tes augu­rum obse­rua­tio­ne (VAL. MAX, 1.1.1).

5) Nel­la sua dot­ta ricer­ca lin­gui­sti­ca Emi­lio Peruz­zi (Civil­tà gre­ca nel Lazio pre­ro­ma­no, Firen­ze 1998, p. 5) adot­tò un’analoga impostazione.

6) Docen­te di Dirit­to roma­no pres­so l’Università si Sas­sa­ri ed auto­re di nume­ro­si sag­gi di asso­lu­ta rilevanza.

7) Ope­re di Mar­co Teren­zio Var­ro­ne a cura di Anto­nio Tra­glia, Tori­no 1974.

8) Frag­men­ta in BREMER 1896, 106f.

9) GIUSEPPE ZECCHINI, Cesa­re e il mos maio­rum, Stutt­gart 2001, p. 37. 

10) Sul tema cfr. RENATO DEL PONTE, Docu­men­ti sacer­do­ta­li in Vera­nio e Gra­nio Flac­co, in Fave­te lin­guis!, Geno­va 2010, pp. 59–60.

11) FRANCESCO DELLA CORTE, Var­ro­ne il ter­zo gran lume roma­no, 2a ed., Firen­ze 1970, p. 238–239.